Terreno di scontro tra le grandi potenze durante la guerra fredda, il Medio Oriente continua ad essere una delle più vaste aree di crisi dello scacchiere internazionale.

SIRIA – La crisi siriana tra il 2017 e l’inizio dell’anno in corso si è indubbiamente complicata.: mentre l’Isis e le opposizioni anti-Assad perdono potenza, sul proscenio della Siria sono emersi nuovi conflitti: fra i curdi siriani e la Turchia, fra i curdi siriani e il regime siriano lungo l’Eufrate;  fra la Turchia e il regime siriano; quello di Teheran e Damasco contro Israele. Nel 2017 l’alleanza tra Russia, Turchia e Iran ha condotto un processo di riduzione delle ostilità in quattro zone della Siria occidentale, che ha preso il suo nome da Astana, la città dove gli alleati lo hanno lanciato. Questo processo non ha ridotto di molto le ostilità fra Damasco e le opposizioni, ma è riuscito a consolidare e allargare il controllo territoriale di Assad. Nella seconda parte dell’anno la conferenza di Sochi ha raccolto le opposizioni siriane nazionali con l’obiettivo di ottenere un consenso costituzionale che però è stato mancato. Il tentativo della Russia e dei suoi alleati di Astana di dare una soluzione politica alla crisi siriana è fallito. Così, si è assistito ad un rapido aggravarsi della crisi che già esiste.

Infine, va anche ricordato l’attacco di un gruppo di mercenari russi e forze di Damasco ad una base degli Usa e delle Forze democratiche siriane. L’aviazione americana ha duramente contrattaccato uccidendo parecchi mercenari. Il ministero degli Esteri russo ha protestato che i russi non avevano fatto nulla. Invece, i Russi erano colpevoli  e anche questo mostra che la Siria è una terra contesa e imprevedibile. Questo fatto ha anche suscitato in alcuni la sensazione che si sarebbe potuto ricreare un conflitto tra USA e Russia, come effettivamente oggi sta avvenendo a causa della guerra tra Russia e Ucraina In tutto ciò l’Unione Europea ha provveduto ad erogare sanzioni verso i maggiori esponenti del governo siriano, dichiarando lo sdegno degli europei per la situazione umanitaria in Siria.

ROMA – “Per l’intensificarsi del conflitto nel 2021, le violenze sono continuate ad aumentare nel 2022 e, come sempre, i bambini sono quelli che ne soffrono di più e per primi. Solo nei primi due mesi di quest’anno, sono stati  47 i  bambini uccisi  in diverse località in Yemen. Da quando il conflitto si è inasprito in Yemen (circa sette anni) le Nazioni Unite hanno verificato che oltre 10.200 bambini sono stati uccisi o feriti. I numeri reali sono sicuramente molto più alti. La violenza, la miseria e il dolore, dunque, sono diventati normali nello Yemen, con conseguenze gravissime su milioni di bambini e famiglie. “È il momento, si afferma in una nota dell’UNICEF, di raggiungere una soluzione politica sostenibile perché la popolazione e i bambini soprattutto possano vivere finalmente in pace”.

Lo YEMEN, al di là del racconto umanitario che se ne fa, ha una grande rilevanza strategica, malgrado sia il Paese più povero del Medio Oriente. Lo Yemen si trova nel punto più estremo della Penisola arabica e da lì ogni giorno passano milioni di tonnellate di petrolio e milioni di tonnellate di merci.  Questo conflitto è dunque quello con l’Iran, che nello Yemen ha il suo presidio militare con gli Houthi, protagonisti di un decennio di crisi politica ed economica e di sette anni di conflitto con una coalizione di Paesi a guida Saudita:  ne è derivata una grave carenza  nell’assistenza sanitaria e altri servizi sociali, che non ha permesso di arginare  epidemie di diverse malattie tra cui la colera, oltre che la malnutrizione diffusa.

GERUSALEMME –  Nel secondo venerdì di Ramadan, il mese sacro dell’Islam, si riaprono gli scontri intorno alla Moschea di Al Aqsa, in una giornata che segna anche la vigilia della Pasqua ebraica, e di quella cristiana. Nell’ultimo mese si sono registrati in Israele quattro attentati terroristici costati la vita a 14 persone e l’esercito israeliano ha portato avanti diverse operazioni in Cisgiordania. Cresce dunque la paura che, come accadde lo scorso anno, con i disordini sulla Spianata delle Moschee,  questo luogo sacro per musulmani ed ebrei diventi una nuova zona di conflitto.  Secondo le autorità israeliane intorno alle quattro del mattino diverse decine di uomini si sono recate sulla Spianata delle Moschee sventolando bandiere di Hamas e di altri gruppi islamici e radunando pietre e altri materiali. Alla fine della preghiera, all’alba, sono iniziati scontri violenti con le forze dell’ordine, che hanno visto i palestinesi anche lanciare sassi e fuochi d’artificio verso il Muro del Pianto. Per reprimere questa rivolta, la polizia israeliana ha usato gas lacrimogeni ed è arrivata a entrare nella moschea per disperdere la folla. Circa 300 palestinesi sono stati fermati e secondo la Mezzaluna rossa oltre sono rimasti 150 feriti. Tra i poliziotti si sono registrati tre feriti lievi.

AFGHANISTAN – In Afghanistan, nella provincia occidentale di Herat dove le forze armate italiane della NATO hanno preso il comando, un bambino di soli 5 anni è morto di freddo nella sua casa. Il fatto risale all’aprile 2022, quando, il bambino, Ahmad, è morto di notte, durante il sonno, dentro una capanna di fango che divideva con quattro sorelline e la madre in un minuscolo villaggio nel nulla di un altopiano afghano privo di vegetazione e sferzato da venti gelidi. Ciò è successo nel distretto di Robat Sangi, poco distante da Herat. È stata la madre, dopo una notte in cui la temperatura è scesa di parecchi gradi sotto lo zero, a trovare il corpo del piccolo privo di vita dopo essere finito in ipotermia. L’abitazione, dove vive la famiglia del piccolo Ahmad è precaria e ovviamente priva di tutte le utenze che noi consideriamo necessarie come il riscaldamento. Ciò rappresenta una situazione di orrore e dolore all’interno di un Paese devastato da una crisi spaventosa che ha ridotto l’economia del 40% in sei mesi a causa del collasso del sistema finanziario dopo il ritorno al potere dei Talebani. La storia di Ahmad assume ogni giorno di più i contorni della normalità in Afghanistan, proprio nella provincia di Herat dove per molti anni l’Italia ha giocato un ruolo importante.  Oggi la situazione è gravissima: 5 milioni di bambini sono sull’orlo della carestia e la grave crisi economica minaccia di lasciare più del 95% della popolazione in condizioni di povertà e con un sistema sanitario al collasso.

Autori
Samuele Marconi, Cristian Di Saverio, Alessandro D'Orazio
Classe e scuola
Liceo scientifico B.Rosetti San Benedetto del Tronto (AP)
Concorso
si
Insegnante di riferimento
Adelia Micozzi