"Sudafrica il paese meno sicuro per essere donne” questo lo ha detto lo stesso Presidente. I bambini non giocano a nascondino, ma fingono di essere autori o vittime di stupri, questo gioco viene chiamato “Stuprami, stuprami”.

Il Sudafrica è un Paese dove le donne non possono denunciare le aggressioni sessuali che ricevono ogni giorno. Il presidente Ramaphosa afferma che “Il Sudafrica è il posto meno sicuro per essere donna”. Tutte queste aggressioni sono il frutto degli insegnamenti che la società dà a tutti i bambini: infatti, loro non giocano a nascondino o ad altri giochi, ma fanno finta di essere autori o vittime di violenze sessuali.
Da piccoli non si vede il lato oscuro delle cose, ma quando si cresce ci si accorge che è una cosa sbagliata, ma il più delle volte non si riesce a togliere la benda e si rimane in quel mondo fatto di cattiverie.
Essere una donna in Africa vuol dire essere schiave della mentalità degli uomini, non avere diritti di nessun genere, ma soprattutto avere la certezza di essere inferiore rispetto all’uomo, almeno secondo le idee di una società del tutto maschilista. A volte anche le bambine di soli 10 anni o più piccole sono vittime di aggressioni sessuali, ma questo in Sudafrica è del tutto normale perché accade tutti i giorni. Per fortuna, ci sono associazioni come Medici Senza Frontiere che dal 2015 offre assistenza medica e psicologica alle vittime di violenza sessuale. Ma il livello delle violenze sessuali aumenta radicalmente ogni anno, infatti almeno il 40% degli uomini ha picchiato la propria compagna e un uomo su quattro ha commesso un reato sessuale.

Vi siete mai chiesti il motivo per cui le donne non denunciano?
Proviamo a rispondere. La società costringe le donne a tacere, perché se non lo fanno aumentano le punizioni con odio e violenze.
Ma non è solo questo. Alcune donne riescono a sfuggire da questo incubo che le opprime, ma sono poche le risposte alle grida di una donna in pericolo e ancora meno quelle che riescono ad aiutare concretamente. Ovviamente bisogna ammirare il coraggio di tutti i volontari che sostengono le donne ormai senza speranza di avere una vita migliore, preoccupate perennemente di essere seguite o violentate in casa loro.
Ma perché le donne non possono condurre una vita sicura?
I diritti sono uguali per tutti, almeno così affermano le autorità, le stesse autorità che vedono migliaia di donne soffrire e le lasciano marcire nel loro dolore, in silenzio.

Cosa rende le donne degli oggetti?
Tutti pensano agli uomini o alla società come unica causa dei fatti, ma attenzione, non diciamo che questi non siano colpevoli, certe volte però le donne non hanno altra scelta, perché sanno che oltre le mura di casa non hanno niente che possa assicurare loro una vita libera. Questa è colpa di chi assiste alle violenze e non parla, perché si preferisce lasciare morire una donna o una bambina piuttosto che prendere posizione contro quei mostri che commettono delle azioni ignobili quando fanno prevalere l’istinto sulla ragione.
Oggi, grazie anche ai social, le donne riescono a chiedere aiuto.

C’è un gesto che ci piace ricordare: il Segnal for Help, ideato dall’associazione Canadian Women’s Foundation nell’Aprile del 2020 in piena pandemia ed utilizzato per denunciare la violenza domestica che le donne subiscono ogni giorno o i pericoli di aggressione verbale e fisica a cui sono sottoposte.
Il gesto è il pollice piegato nel palmo della mano, quattro dita in alto e poi piegate in un pugno.
Piano piano si sta creando una rete di solidarietà, le persone anche di altri Paesi si fanno sentire, perché sono stanche, stanche di vedere altri esseri umani ridotti in condizioni pessime con ossa rotte e lividi.
Per ricordare le donne vittime di violenza e dare supporto a tutte coloro che si sentono sole è stata istituita, inoltre, dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra il 25 Novembre. Questa data è stata scelta in memoria delle tre sorelle: Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, uccise dagli agenti di Rafael Leonidas Trujillo, il dittatore.

La loro storia:
Minerva, Patria e Maria Teresa Mirabal nacquero ad Ojo de Agua, vissero negli anni della dittatura trujillista. Quando Trujillo salì al potere, la loro famiglia perse tutti i suoi beni, così organizzarono dei movimenti di protesta e per questo vennero arrestate con i loro mariti, dopo qualche mese le sorelle vennero rilasciate, mentre i loro coniugi restarono reclusi. Il 25 Novembre 1960 le tre sorelle, accompagnate dall’autista Ruffino de la Cruz, andarono a far visita ai mariti. Durante il tragitto vennero intercettati e i passeggeri vennero costretti a scendere per poi essere uccisi a bastonate; i loro corpi vennero rimessi sul veicolo che venne fatto precipitare da un dirupo per simulare un incidente.

Adesso è il momento di farsi sentire dalla società e di far capire a tutti che le donne non sono sole! Con le associazioni e i volontari potremo reprimere tutto ciò che può o è già una forma di violenza.
Il primo passo da seguire è l’educazione: è l’arma migliore per combattere tutte le ingiustizie.
Se i bambini imparano a riconoscere fin da piccoli i gesti violenti o ingiusti che possono nascondersi dentro casa o attorno a loro e contro le donne e le bambine di tutte le età, riusciranno da grandi a diventare persone integre e a lottare per liberare le donne da questa condanna.

FONTI:

  • REPUBBLICA.IT
  • CORRIERE.IT
  • MEDICI SENZA FRONTIERE