La crisi umanitaria in Sud Sudan raccontata dalle Organizzazioni Internazionali e dalle immagini di Sebastião Salgado.

L’abbassamento del prezzo del petrolio e la guerra civile, che in 6 anni ha causato numerosissimi morti, hanno determinato la crisi del giovane Stato del Sud Sudan. L’emergenza principale è quella sanitaria. L’assistenza sanitaria del Paese è tra le peggiori del mondo, e viene fornita per l’80% dalle ONG e non dallo Stato. Polmoniti e bronchiti che uccidono oltre 15.000 persone all’anno; seguono poi HIV e AIDS , diarrea e malaria, anch’esse con diverse migliaia di vittime. Ricordiamo inoltre che questa assistenza spesso è ostacolata da continui attacchi contro il personale e le strutture sanitarie. Medici Senza Frontiere non si ferma e continua a offrire assistenza agli sfollati, alle mamme e ai bambini (tra questi anche gli ex bambini soldato) e a costruire ospedali per garantire e distribuire ogni genere di soccorso.
Come se questo non bastasse, le alluvioni che si sono verificate lo scorso ottobre hanno costretto il Paese a dichiarare un nuovo stato di emergenza. Infatti, a causa delle forti piogge, molte persone sono morte e oltre 400 mila sono sfollate all’interno dello Stato: oggi più di 900 mila persone in Sud Sudan, compresi 490 mila bambini, hanno urgente bisogno di assistenza.
L’Unicef spiega che circa un quinto del Paese sta combattendo appunto contro le inondazioni e intere comunità, tra cui centri sanitari e scuole, sono sommerse. Circa 90 mila bambini non possono andare a scuola perché le classi sono inondate, gli insegnanti sono sfollati e le scuole ormai sono utilizzate come rifugi. In questo modo però i bambini stessi perdono spazi sicuri che li proteggano da sfruttamento e abusi.
L’Agenzia dell’Onu afferma che sta rispondendo ai loro bisogni: spazi per la nutrizione sono stati allestiti in tende o sotto alberi, e per far sì che i bambini continuino a studiare sono stati allestiti spazi temporanei per l’apprendimento. Sono in via distribuzione pastiglie per potabilizzare l’acqua e diversi team sono sul campo per diffondere porta a porta informazioni sanitarie.
Scenari come quelli appena descritti sono difficili da immaginare, quasi impossibili per noi che non conosciamo il dolore delle guerre civili, la mancanza di assistenza sanitaria, l’impotenza di chi perde tutto.
Però possiamo ricevere i racconti di chi opera in quelle zone: racconti fatti di parole, come quelli riportati sopra, o di immagini, come quelle di Sebastião Salgado, che nel corso dei suoi viaggi in Sud Sudan ha immortalato e denunciato, attraverso gli scatti mozzafiato adesso in mostra nella sua personale “Exodus. In cammino sulle strade delle migrazioni”.
Una delle foto che mi ha più colpita è quella in cui viene rappresentato un bambino, i corti capelli ricci, gli occhi più scintillanti di un diamante, lo sguardo intenso, curioso e calmo allo stesso tempo. La luce ricade sugli occhi, sulle labbra e sul colletto di una giacca di jeans che ha addosso. È seduto su quello che sembra uno sgabello, le mani strette al legno su cui poggia appena col corpo magro. Sullo sfondo si intravede un muro nero con alcuni segni di gesso bianco, sembrerebbe una lavagna ma di ardesia.
I contrasti sono forti, pieni, il bianco e nero di questa fotografia, così come nelle altre fotografie di Salgado, rende tutto più drammatico e autentico.
Questa foto mi ha colpita molto perché, attraverso la bellezza e gli occhi di un bambino, sullo sfondo di una scuola improvvisata, rappresenta la tragica realtà di luoghi e situazioni altrimenti difficili da immaginare.

Fonti:
https://www.repubblica.it
https://www.medicisenzafrontiere.it
www.osservatoreromano.va

di Maria Antonia Stilo, Educandato Statale Setti Carraro Milano, Secondaria di I grado, IIA