Cosa c’è di più umano di salvare persone … questa è forse l’essenza più vera di essere umani.

Vogliamo raccontare il coraggio e l’impegno di una giovane donna che insieme all’associazione Ya Basta – Bologna di cui fa parte ha deciso di assumersi una grande responsabilità …” non accettare di ignorare” le richieste di aiuto delle tante persone che in mare rischiano la vita.
Una risposta forte e decisa alla tristemente famosa “chiusura dei porti italiani”.
Francesca Zanoni, giovane giurista trentina, coopera con l’ONG Mediterranea Saving Humans, fondata da alcune associazioni tra cui Ya Basta di Bologna, di cui lei fa parte. Mediterranea ha comprato una nave chiamata Mare Jonio e dall’ottobre del 2018 naviga il Mediterraneo svolgendo missioni di monitoraggio e salvataggio. Francesca ha fatto parte di diverse di queste missioni come operatrice legale.

L’abbiamo conosciuta a gennaio 2020 e le abbiamo chiesto un’intervista.
Lei ci ha raccontato cosa vuol dire stare in mare, quali sono le difficoltà e le molte e contrastanti emozioni di una simile esperienza.
Sicuramente una scelta non facile, ma che lascia il segno per sempre.
Vogliamo proporre alcune delle risposte che ci ha rilasciato per rendervi partecipi di quello che per noi è stato un importante momento formativo.

Perché avete deciso di comprare una nave e andare a salvare i migranti?
Non volevamo più essere spettatori impotenti davanti a quello che succedeva in Italia e nei nostri mari quindi ci siamo attivati, non potevamo rimanere a guardare … gruppi di giovani tedeschi e spagnoli si erano già organizzati da anni, perché noi no? Allora ci siamo attivati e abbiamo deciso di comperare una nave per andare in mare e “esserci”, poi abbiamo cercato di capire cosa servisse su una nave perché una nave appena comprata non è già idonea per fare missioni di questo tipo.
Per fare questa scelta c’è voluto molto coraggio o avevate già la strada spianata?
Il coraggio ci vuole sempre..
Non sapevamo esattamente cosa avrebbe comportato una scelta di questo tipo.
Ci vuole coraggio dal punto di vista collettivo perché eravamo e siamo una piccola associazione e per realizzare il nostro obiettivo abbiamo dovuto chiedere un prestito di 400.000 euro. Pur di operare in questo contesto abbiamo messo tutto al servizio di questa “missione”, il nostro tempo e tutte le nostre energie nella raccolta dei soldi.
Costruendo Mediterranea ci siamo resi conto che il coraggio serviva a terra, per parlare con più persone e realtà possibili molto diverse tra loro, ma che condividevano lo stesso obbiettivo……Inoltre, il coraggio serve in mare, dove in pochi metri ci si ritrova a fare i conti con molte cose: l’attesa, la stanchezza, le onde, la morte…

Si potrebbe definire la vostra scelta di disobbedienza civile come un’azione umanitaria?
C’è un bel dibattito che riguarda questo tema; fino a qualche anno fa l’azione umanitaria era qualcosa di spesso parallela all’azione delle istituzioni che interveniva in situazioni emergenziali, dove lo Stato non riusciva più ad operare; la si poteva quindi considerare come un’azione cuscinetto che tutelava la vita delle persone coordinandosi con uno o più Stati. Quello che succede nel Mediterraneo oggi non è più questo perché nonostante ci sia la vita delle persone in pericolo, è l’autorità stessa a ostacolare l’intervento delle ONG. Per questo si potrebbe dire che le nostre azioni non sono umanitarie. Ma…cosa c’è di più umano se non andare a salvare delle persone? Questa è forse l’essenza più vera dell’essere umani.
Forse si potrebbe dire che si tratta di una nuova visione delle azioni umanitarie, qualcosa di molto innovativo e diverso rispetto al passato.
Qual è stato il momento più forte, più significativo per lei?
Il momento più forte per me e che mi rimarrà dentro è stato quando hanno evacuato una donna in particolare… Tra le 98 persone c’era questa donna che era stata vittima di violenze sessuali per otto anni in Libia dopo essere scappata dal marito violento. Lei non aveva più energie, aveva uno sguardo assente e si copriva sempre con una coperta.
Non sapevamo più cosa fare, non mangiava, non beveva, non dormiva, dopo quattro giorni il personale medico a bordo della Mare Jonio è riuscito a far evacuare questa donna dalla guardia costiera italiana. Sono arrivati per prenderla insieme ad altre tre persone in condizioni di salute critiche.
Io e la mediatrice dell’equipaggio siamo andate a comunicare alla donna che dopo così tanti giorni e così tanta paura stava per toccare terra. Mentre la mediatrice le diceva “è finita, è finita” la donna ha sorriso e l’ha abbracciata. In quel momento ci siamo resi conto che non potevamo minimamente capire le sofferenze da cui provenivano lei e le altre persone, ma anche che quello che insieme avevamo fatto era davvero importante.

Dopo aver ascoltato quest’intervista siamo rimasti molto colpiti dalla determinazione di Francesca Zanoni e dalla potenza delle sue parole, che ci hanno fatto emozionare facendoci sentire come se avessimo vissuto anche noi la sua esperienza.
Fa riflettere il coraggio di così tanti giovani che, partiti da zero, hanno superato ogni limite riuscendo a salvare così tante vite umane, quando le autorità gli hanno sempre voltato le spalle.
C’è da dire però che questo problema non è ignorato solo da chi ha potere ma anche da tutti noi che ci concentriamo su altri problemi che sentiamo più vicini e ci sembrano peggiori perché ci toccano in prima persona.

Oggi l’Italia sta vivendo un periodo di crisi dovuto al coronavirus. In questo momento stiamo dimostrando che se vogliamo davvero cambiare la situazione per salvare le nostre vite e quelle degli altri siamo disponibili a fare sacrifici, se invece si tratta di problemi che ci sembrano lontani da noi non solo li ignoriamo, ma spesso critichiamo chi cerca di affrontarli.

Francesca ci ha resi consapevoli di quanto l’unione possa diventare la nostra forza, una forza tale da migliorarci e portarci a rendere il mondo una casa per tutti. Questo, assieme all’evidenza che non tutti sono egoisti, ci dà forza e fiducia nel futuro.

di Linda Battisti, Elena Bordoni, Anna Candioli, Damiano Chemotti, Denisa Cracut, Alessandra Faioni, Irene Gottardi, Alice Ianeselli, Martina Maldotti, Sofia Menegazzi, Matilde Mezzanzanica, Gloria Moser, Elena Sirsi, Biagio Stefani; A cura degli studenti del Laboratorio Culturale “Conoscere... Capire... Incontrare...”, Liceo musicale e coreutico F. A. Bonporti, Liceo delle Arti, Trento

LINK ALL’ INTERVISTA: https://drive.google.com/open?id=1MaclqAUTKTWR6hDNlGdobYcAiP5RrqyY