Nella Repubblica Democratica del Congo nel corso del 2018 si sono registrati nuovi casi di Ebola: i sopravvissuti sono pochissimi.

Mohammed è un undicenne e ha perso suo padre e suo nonno a causa dell’Ebola. Era a scuola quando l’insegnante parlò di questa malattia. Pochi giorni dopo il nonno si ammalò e dopo la sua morte degli adulti infilarono il suo corpo in un sacco di plastica e lo abbandonarono in un fiume. In seguito anche suo padre si ammalò e gli dissero che non avrebbe più potuto vederlo. Era con la nonna quando morì.
La famiglia è stata accusata di aver portato il virus nel paese: appena il capo del villaggio lo venne a sapere impose loro di andarsene. Successivamente anche lui sentì dei sintomi simili a quelli della malattia, quindi venne portato in un ospedale, dove si scoprì che non era stato contagiato dal virus. Dopo essere stato dimesso lo portarono presso un centro dove fu accolto per un certo periodo: quando venne a sapere che sarebbe dovuto andare lì aveva paura.
Mohammed si è ammalato due volte dopo la morte del padre, ma non di Ebola.
Ora vive con la madre e la nonna in una città più grande, e vuole diventare un medico. Ovviamente avrà bisogno di tutto il sostengo della sua famiglia.
Mohammed è uno dei protagonisti delle tante drammatiche storie che la ricomparsa del virus Ebola sta scrivendo in Africa.

Ebola: più di cinquant’anni di morti
L’Ebola è una malattia spesso mortale che colpisce principalmente umani e primati e ha un tasso di mortalità che può arrivare fino al 90%. L’uomo viene contagiato a causa dello spostamento del virus da uno dei suoi ospiti naturali, come ad esempio il pipistrello della frutta.
I primi casi risalgono agli anni ‘70, si svilupparono in Congo, vicino al fiume Ebola che diede il nome al virus per volere del virologo Karl Johnson che in quel periodo si trovava in quella zona e per primo studiò le caratteristiche della malattia.
Questo virus viene trasmesso da uomo a uomo con il contatto di sangue infetto o attraverso il corpo delle persone decedute.
I sintomi tipici dell’Ebola sono: la comparsa improvvisa di febbre, molta debolezza e dolori muscolari, vomito e diarrea.
I pazienti malati sono spesso disidratati.
Purtroppo per ora non esiste un trattamento specifico.
Nel corso del 2018 questo virus ha di nuovo colpito la Repubblica Democratica del Congo, in particolare le regioni settentrionali.
Il ministero della Sanità della Repubblica Democratica del Congo ha riferito che, secondo i dati aggiornati al 7 dicembre 2018, i casi di infezione registrati nell’ultimo anno sono 489, dei quali 441 confermati e 48 presunti. I morti sono stati 273. Nel documento si afferma anche che, se non ci fosse stata un’intensa operazione di vaccinazione da parte delle associazioni di volontariato tra cui anche Medici Senza Frontiere, i contagiati avrebbero potuto essere molti di più, forse 10.000.
Attualmente, coloro che sono guariti in Congo, nel corso del 2018, sono 43; si rischia però che l’Ebola possa estendersi senza controllo.
Per questo motivo nella Repubblica Democratica del Congo stanno collaborando le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni umanitarie internazionali e gli ospedali del posto. Si sono allestite delle tendopoli che sono molto affollate, quindi le condizioni igienico sanitarie sono precarie.
In Congo, l’Ebola sta colpendo con il ceppo più pericoloso e letale.
A questa già grave situazione si aggiunge il fatto che nella zona sono in corso delle guerre che rendono difficili gli aiuti umanitari.

Troppo spesso, purtroppo, i paesi civilizzati come il nostro si dimenticano delle persone che vivono ancora in povertà e in condizioni di salute precarie in territori dimenticati. Ci sentiamo evoluti, moderni. Ma vivere nelle comodità delle nostre case, poter frequentare la scuola e, se malati, curarci in strutture ospedaliere sicure, non significa avere dei meriti, ma, semmai, significa avere avuto la fortuna di nascere in un Paese moderno.
Noi pensiamo che sia giusto e doveroso portare l’assistenza e l’aiuto alle persone povere e malate che vivono anche lontano da noi. Abbiamo spesso le possibilità per aiutarli, a volte basta anche un piccolo sacrificio da parte nostra che, sommato ad altri aiuti, porterebbe un pochino di serenità ad altri bambini e ad altre famiglie.
Se unissimo tutte le nostre forze crediamo che sarebbe possibile sfamare tutte le persone nel mondo, rendendole anche più forti e resistenti alle malattie e con uno sforzo in più si potrebbero vaccinare le popolazioni a rischio di contagio di malattie come l’ebola ed evitare altre morti, altre stragi.

di Giovanna Boetti, Ramondetti Camilla, Rozzo Lucia; classe 2E Scuola secondaria di primo grado di Villanova Mondovì

Fonti:

  • www.medicisenzafrontiere.it
  • www.savethechildren.it
  • www.Unicef.it
  • www.Repubblica.it
  • www.Agire.it