Immigrazione: una parola oggi molto attuale che rappresenta un universo variegato, oltre che un fenomeno che ha da sempre contraddistinto la vita degli esseri umani.

Gli ultimi decenni hanno visto l’Italia diventare luogo di immigrazione. Gli immigrati sono di solito mossi dalla ricerca di condizioni di vita migliori: spesso i paesi di provenienza sono poveri, oppure in quei paesi non vengono rispettati i diritti civili; in quest’ultimo caso, spesso gli immigrati seguono vie illegali per raggiungere il paese di destinazione, divenendo quindi irregolari, affidandosi a malavitosi. Un esempio sono i cosiddetti scafisti, che ammassano enormi quantità di persone su imbarcazioni di scarsa sicurezza, le cosiddette carrette del mare, partendo dalle coste settentrionali dell’Africa per arrivare nei Paesi mediterranei: l’Italia è una delle mete più semplici da raggiungere, perché il tratto dall’Africa alla  Sicilia, e in particolare a Lampedusa, è molto più breve rispetto agli altri possibili percorsi.
Per non basarci solo sulle informazioni tratte da giornali, internet e televisione abbiamo voluto intervistare un immigrato. Questa è la storia di John Olive, un ragazzo di 27 anni, nato il 1 dicembre 1991 in Niger.
La vita per Olive non è mai stata facile. Abbandonato dal padre che non lo ha mai riconosciuto, considerato dalla madre come “un errore” che le ha rovinato la vita, è stato cresciuto e protetto fino all’età di 8 anni dal nonno materno. Quando questa figura così importante per lui è venuta a mancare, lasciandolo solo, è stato costretto ad andare a lavorare per poter riuscire a sfamarsi. Nonostante non abbia avuto la possibilità di frequentare la scuola, Olive è un ragazzo istruito, studia molto e legge parecchi libri, perché crede che attraverso la scuola possa avere educazione e ha molta fiducia in se stesso. È diventato cattolico nel 2008, crede nella Vergine Maria e ha una profonda fede in Dio che, secondo lui, lo ha aiutato, e lo aiuta ancora tuttora. Data la sua grande passione per l’informatica, è diventato tecnico di montaggio film e tecnico di rete.

Come mai sei scappato dal Niger?
Ero contento della mia vita, ma avevo anche dei problemi, perché, nel mio paese, vi sono molte persone corrotte che cercano di estorcere denaro attraverso la violenza: è accaduto tante volte anche a me.
Così hai deciso di fuggire…
Sì, per questo motivo mi sono affidato a un uomo che, ingannandomi con la promessa di un lavoro e di una vita migliore, mi ha portato in Libia. Qui però sono stato venduto: i malviventi che fanno business sull’immigrazione mi hanno imprigionato.
Come sei riuscito a liberarti?
Una notte sono riuscito a scappare ma poco dopo sono stato arrestato dalla polizia che mi ha messo in prigione per alcuni mesi: in detenzione non mangiavo per paura di morire avvelenato. Un giorno sono riuscito a scappare, perché una delle guardie si era dimenticata di chiudere bene la porta della cella.
E così sei riuscito a salvarti.
Non subito: uscito dal carcere, mi sono trovato davanti al pericolo costituito dagli “Assma Boys”, un gruppo di terroristi libici. La fortuna però mi ha salvato. Un uomo, che definisco il mio “angelo”, sparando in aria con la pistola ha messo in fuga i malviventi. Successivamente questo ragazzo mi ha accolto in casa sua e mi ha spiegato che non potevo andare in giro da solo e mi ha detto che la protezione che stavo cercando non l’avrei trovata in Libia.
Come è proseguita la tua storia?
Il mio “angelo” mi ha detto che mi avrebbe aiutato, ma non mi ha spiegato come. Ho scoperto solo dopo che ha pagato per me il viaggio che mi avrebbe portato in Italia.

Olive è stato fatto salire a forza sul barcone, è stato anche picchiato. Salire su quella barca voleva dire anche rischiare di morire però era l’unica soluzione di salvezza. Lui lo chiama il “viaggio del destino”.
Sono partito il 28 luglio 2016. Il viaggio sul barcone è durato circa 8/9 ore, poi siamo stati salvati dalla Guardia Costiera, dopo circa 1 giorno di navigazione: il barcone aveva un buco ma i soccorsi sono arrivati in tempo per salvarci.
Il 30 luglio 2016 sono arrivato in Sicilia in un centro di accoglienza. Lì sono stato “catalogato”, poi spostato a Settimo Torinese, successivamente a Cuneo ed infine a Lurisia (CN) dove, insieme ad altri immigrati sono stato ospitato in un centro. Eravamo un gruppo di circa 70 migranti, di varie religioni e origini. Tutti con storie diverse ma accomunati da un solo obiettivo: salvarci da una vita resa impossibile nel nostro paese. Tutti abbiamo dovuto sostenere il viaggio “della speranza” su un barcone non sicuro, diretto “verso la libertà”.

Olive è un ragazzo molto attivo e perciò aveva bisogno di sentirsi utile dando aiuto alla comunità che l’aveva accolto.
Un giorno ho visto su Facebook la pubblicità di un corso al CFP di Ceva che mi interessava molto ma, non avendo conseguito la licenza di terza media, non ho potuto iscrivermi. Ho optato quindi per quello per “addetto macchine utensili a controllo numerico”.
Il primo giorno di corso si reca a Ceva in bicicletta, 3 ore per andare e 3 ore per tornare. Successivamente tramite Adecco fa un corso “saldo carpenteria”, così ha anche il brevetto in saldatura. Grazie all’aiuto di un professore del corso ha trovato lavoro a Lequio Tanaro, in un’azienda locale. Il titolare gli ha dato un alloggio gratuitamente dove vivere e gli ha comprato un computer portatile. Sta cercando di prendere la patente, ma è stato bocciato al primo esame di teoria.
Olive si è integrato, ha trovato la sua famiglia in Italia, proprio a Roccaforte Mondovì!
Hai dei sogni, Olive?
Adesso il mio sogno è l’Italia, però non mi chiedo cosa l’Italia deve fare per me, ma cosa io posso fare per l’Italia.
Olive chiude la nostra intervista con una bellissima frase che ci porta a riflettere molto:
Se non c’è una strada bisogna costruirsela.

Di Marco Magnaldi, Giulia Roatta, Alessia Rossini, Lorenzo Sevega; Scuola secondaria di primo grado di Villanova Mondovì; 2 E

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