“Considerate se questo è un uomo...Considerate se questa è una donna”: i celebri versi di P. Levi risultano purtroppo ancora attuali, in riferimento ai crimini che si verificano quotidianamente nei centri di detenzione libici. Dagli errori e dagli orrori della storia si dovrebbe imparare qualcosa, ma l’uomo non sembra farlo affatto.
Situazione politica in Libia
La situazione geopolitica in Libia sembra essere un’equazione a più variabili di difficile soluzione. Infatti, anche dopo la morte del dittatore Gheddafi, avvenuta nel 2011, la Libia sta vivendo una grave situazione di instabilità politica causata da continui conflitti armati. La Libia infatti è teatro di una vera e propria guerra civile tra due gruppi: un gruppo guidato da Fayez al-Serraj, leader riconosciuto dalle Nazioni Unite, l’altro gruppo guidato da Khalifa Haftar a capo di un esercito di ribelli sostenuto da Russia ed Egitto.
In questo clima di violenza il fenomeno migratorio si fa sempre più ingestibile e desta preoccupazione in Europa ma soprattutto in Italia. Infatti, oltre ad essere teatro di guerra, la Libia è anche una delle vie più battute per raggiungere dal mare l’Europa. In Libia ci sono quasi 626.000 migranti e rifugiati che provano ad imbarcarsi per arrivare in Europa. La maggior parte dei migranti proviene dall’Africa sub sahariana e ha alle spalle un lungo viaggio durato mesi: la traversata del canale di Sicilia è quindi solo l’ultima tappa. Ma purtroppo tutti i migranti imparano sulla loro pelle che la Libia non è affatto un paese sicuro!!
Situazione socio-umanitaria in Libia
L’unione Europea e l’Italia hanno cercato di controllare i flussi migratori e il traffico di uomini stringendo accordi con il governo libico, senza grande successo. Al momento l’Europa cerca di impedire l’arrivo di migranti sulle coste europee finanziando la guardia costiera libica che pattuglia le coste cercando di bloccare i migranti che, una volta fermati, vengono rinchiusi in dei centri di detenzione. I centri di detenzione ufficiali sono all’incirca 10. Ma a causa di un governo instabile, precario e non funzionante, alcuni di questi centri sono caduti nelle mani delle milizie ribelli, fuori dal controllo della comunità internazionale. Ad essi si sommano numerose “prigioni clandestine” gestite dai trafficanti di uomini. In questi luoghi i diritti umani vengono calpestati quotidianamente senza alcuna vergogna e senza alcun timore: mancanza di acqua, cibo razionato, spazi sovraffollati, servizi igienici inesistenti, condizioni igienico-sanitarie molto precarie, violenze fisiche, sessuali e psicologiche costanti: tutto questo subiscono ogni giorno centinaia di persone sotto lo sguardo inerme dell’Europa dove ancora molti sono convinti che la Libia sia un “porto sicuro”.
Voci di donne (testimonianze)
A pagare il prezzo più alto di questa disumanità sono principalmente donne e bambini. Abbiamo deciso di riportare alcune testimonianze choc di donne che sono riuscite a sopravvivere a quell’inferno, ma che si portano ancora dentro una ferita che sarà difficile rimarginare.
MIRIAM: “Sono arrivata in Libia che avevo soltanto 12 anni. In Etiopia ero una bambina brava, aiutavo mia madre nelle faccende domestiche e mi prendevo cura anche dei miei fratellini. Ero la figlia maggiore dei miei genitori e quando la situazione in Etiopia diventò davvero insopportabile, mio padre e mia madre hanno accettato la proposta di farmi portare via da una persona conosciuta in un altro luogo, per lavorare a casa di una famiglia come domestica. In cambio avrebbero aiutato me e i miei. Ma in casa di quelle persone non sono mai arrivata. Sono stata rapita e portata in Libia e venduta come schiava. E così, per otto terribili anni, ho conosciuto tutto il male di questo mondo. Ho conosciuto l’inferno”(...)
Segnavo la lista dei nomi dei morti, tra uomini, donne, bambini. Era così che passavo il tempo dentro la prigione. Siccome spesso non riuscivo nemmeno a sapere il loro nome, allora nella mia mente li davo un nome io. La lista dei morti non finiva mai.”
KIBRA: “Avevo una gamba rotta, avevo la febbre a causa della frattura e delle ferite, ma mi violentavano lo stesso. Anche nelle condizioni precarie in cui mi trovavo, ferita e sporca, dopo mesi senza potermi lavare. Ci stupravano davanti ai nostri figli piccoli e loro non potevano neanche piangere l’orrore di cui erano vittime. Ci terrorizzavano sempre e ci dicevano che se non riuscissimo a far smettere di piangere i bambini loro li avrebbero ammazzati.”Fonte:
Migranti, il racconto straziante delle donne che hanno subito violenza
Abbassa lo sguardo per nascondermi le lacrime, Mariam (il nome è di fantasia per proteggere la sua identità) quando le chiedo la sua impressione sulla vicenda dei profughi salvati dalla nave Diociotti, della Guardia Costiera Italiana, da pochi giorni sbarcati a Catania dopo un calvario durato 11 giorni.
PRECIOUS (nome di fantasia) (Nigeriana, 28 anni), arrivata in Italia nel Luglio 2017 e transitata da un Centro di detenzione ufficiale a Tripoli: “Arrivata a Tripoli sono stata incarcerata. C’erano donne e uomini insieme a me. Chiedevano soldi che non avevamo e ci trattavano come rifiuti. Mangiavamo una volta al giorno, un po’ di riso o pasta non cotta e bevevamo l’acqua da taniche che avevano contenuto benzina. Alcune persone sono morte per le malattie e le botte, mentre ero lì. Noi donne venivamo picchiate e violentate ogni giorno e solo dopo la violenza ci davano da mangiare. Ho pensato più volte che sarei morta. Da allora non riesco più a dormire e ho sempre incubi”.
(Fonte: https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2018/01/MediaBrief_FINAL_OK.pdf )
VIDEO TESTIMONIANZA:
La storia di Meskya, prigioniera in Libia - Medici Senza Frontiere Italia
Dal 2017 siamo presenti in Libia per provare ad alleviare le sofferenze di migranti e rifugiati intrappolati nei centri di detenzione, in un ciclo infinito di violenze e abusi. Questa è la storia di Meskya, una ragazza somala di 27 anni, e il suo racconto diretto delle violenze subite.
"Stuprate e picchiate in Libia: la forza di noi nigerine" - Confessione Reporter Video
Le drammatiche testimonianze di donne passate dai lager libici.
Cosa fa Medici senza Frontiere
In Libia le équipe di Medici senza Frontiere sono occupate su più fronti: offrono cure per le patologie causate dalle pessime condizioni igieniche in cui “vivono”i detenuti: scabbia, pidocchi, pulci, e malattie infettive come la tubercolosi, che purtroppo si diffonde velocemente; curano pazienti per malnutrizione e aiutano chi non ha una buona salute mentale e ha subito il trauma della detenzione. Inoltre forniscono assistenza in mare ai migranti intercettati dalla imbarcazioni libiche. Medici senza Frontiere e altre associazioni umanitarie continuano a denunciare a gran voce la drammatica situazione che c’è in Libia nei centri di detenzione ufficiali e non.
E noi? Noi che stiamo facendo? Noi, “che siamo sicuri nelle nostre tiepide case”, non possiamo ancora voltare le spalle di fronte a questi eventi di totale disumanizzazione. Non si può rimanere sordi al grido di dolore e di sofferenza che arriva dalla Libia. Nel nostro piccolo, con questo articolo abbiamo voluto dare voce a queste grida, riportando poche ma intense testimonianze delle scellerate violenze che avvengono nei centri di detenzione, per far sì che sempre più gente sappia quello che sta accadendo in Libia. Ma una domanda risuona nelle nostre menti: fino a quando chi già sa, chi può e dovrebbe intervenire, starà ancora a guardare?
FONTI
https://www.medicisenzafrontiere.it/cosa-facciamo/dove-lavoriamo/libia/
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/multimedia/libia-una-crisi-nella-crisi/
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/assistiamo-i-migranti-respinti-da-algeria-e-libia/
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/accordo-italia-libia/
https://www.oxfamitalia.org/abusi-torture-migranti-libia/
Libia: chiuso centro di detenzione di Misurata - Medici Senza Frontiere Italia
A seguito della chiusura, il 14 ottobre, del centro di detenzione di Misurata, nella regione costiera centrale della Libia, più di un centinaio di rifugiati e migranti sono stati trasferiti nei due centri di detenzione di Zliten e Souq Al Khamees, nella stessa regione.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore: disperazione, malattia e morte nei centri di detenzione in Libia. - Medici Senza Frontiere Italia
Il reportage fotografico di Jérôme Tubiana sulla catastrofica condizione sanitaria nei centri di detenzione di Zintan e Gharyan. Nei centri di detenzione in Libia, nominalmente sotto il controllo del ministero dell'interno di Tripoli, sono arbitrariamente imprigionati tra i 5.000 e i 6.000 rifugiati.
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/accordo-italia-libia-la-vergogna-non-si-puo-rinnovare/
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/storie/la-vergogna-delleuropa-e-rinchiusa-in-libia/
https://www.lastampa.it/esteri/2017/08/16/news/libia-l-orrore-dei-34-centri-di-detenzione-donne-e-bimbi-rinchiusi-tra-gli-escrementi-1.34432735
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/torture-libia
https://www.oxfamitalia.org/libia-torture-inferno/
https://reliefweb.int/report/libya/libya-situation-report-8-july-2020
https://www.avvenire.it/mondo/pagine/in-libia-otto-anni-dopo-il-colonnello-a-dettare-legge-il-generale-haftar
https://www.ilmessaggero.it/mondo/libia_cosa_succede_usa_egitto_francia_italia-4431694.html
Autrici: RosaMaria Catanzaro, Roberta Fontana, Sara Landolina, Maria Antonietta Lo Piccolo
Classe Terza sez. E Scuola sec. I grado
I.c. Sferracavallo-Onorato, Palermo