La guerra è una tragica realtà che coinvolge migliaia di persone innocenti e che non risolve mai i problemi, anzi li peggiora o li crea. Essa è un’invenzione dell’uomo che preferisce scartare metodi pacifici come per esempio il dialogo.

Fino alla Seconda guerra mondiale la Libia faceva parte delle colonie africane dell’Italia. Nel 1951 divenne indipendente e nacque così il Regno Unito di Libia, una monarchia che però cadde nel 1969, a causa di un colpo di Stato guidato dal colonnello Gheddafi.
Egli, dopo l’intervento della NATO, venne ucciso dai ribelli insorti nel 2011. Dopo la sua caduta, la Libia non trovò pace nonostante le elezioni libere del 2012. Questa situazione di caos diede inizio ad una guerra civile.
In Libia l’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite è costantemente violato. Con quelle stesse armi è probabile che le forze in conflitto stiano commettendo crimini di guerra: bombardamenti a tappeto su zone residenziali, droni impiegati per colpire obiettivi civili (ospedali compresi), vittime sempre più numerose tra la popolazione.
Negli ultimi tempi le vittime della guerra sono salite a 1093, tra cui molti bambini e 106 civili, e a 5752 feriti, tra i quali 294 civili. Sono tanti anche i bambini che per queste guerre sono malnutriti e quindi sono in pericolo di vita. Molti di loro vengono utilizzati come soldati negli scontri in Libia e quindi perdono la vita proprio per questo motivo. Gli ospedali in Libia sono al collasso e sono triplicate le richieste di operare i bambini feriti in Italia. Si registrano numerose persone ferite che sono ancora nelle proprie case e la situazione è drammatica perché manca sangue e materiale chirurgico negli ospedali per effettuare gli interventi necessari. C’è il rischio di una crisi umanitaria ed epidemie se non vengono curati i feriti. La malattia più diffusa è la dissenteria. Molti inoltre si ammalano per patologie legate alle vie respiratorie.
Per queste ragioni in Italia nel 2018 sono sbarcati 21.712 profughi, di cui 12.465 partiti dalla Libia. Il 71% delle persone arrivate sulle nostre coste è di sesso maschile, le donne sono il 9%, e il 20% sarebbero minori non accompagnati (ma non sempre sono verificabili i dati anagrafici dichiarati). Le percentuali non sono perfettamente esatte perché è possibile che un certo numero di migranti arrivi alle nostre coste senza essere intercettato e quindi monitorato dalle nostre autorità. Il blocco delle rotte verso l’Italia e la mancanza di sistemi di salvataggio ben equipaggiati in mare sta comportando la crescita del numero delle persone annegate. Oggi la media dei decessi oscilla attorno all’8-10% delle partenze. Dal 2018 circa 13.200 persone sono state salvate e i morti accertati sono 1.150. I bambini in Libia, inclusi quelli rifugiati e migranti, continuano a soffrire gravemente per le violenze e il caos creato dalla guerra civile nel Paese. Dall’aprile dello scorso anno, dal momento che le ostilità sono riesplose a Tripoli e nella regione occidentale del paese, le condizioni per migliaia di bambini e civili si sono ulteriormente deteriorate. Attacchi indiscriminati su aree densamente popolate hanno causato la morte di centinaia di bambini.
Si possono fare molte cose per diminuire il numero di morti in queste guerre, per esempio dare un aiuto umanitario, tipo l’assistenza alimentare: l’obiettivo principale dell’assistenza alimentare consiste nell’ assicurare il consumo di alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti durante e in seguito a delle crisi umanitarie, come le guerre in Libia, per prevenire la mortalità, la malnutrizione acuta e strategie drastiche per fronteggiare la crisi.
Come aiutare la Libia con assistenza alimentare?
Ecco alcune soluzioni.
– Salvaguardando la disponibilità, l’accesso e il consumo di alimenti adeguati, sicuri nutrienti;
– tutelando e reintegrando i mezzi di sussistenza e aiutando a migliorare la capacità di recupero dei gruppi vulnerabili;
– rafforzando la capacità del sistema internazionale di aiuto umanitario per migliorare la distribuzione di assistenza alimentare.
– fornendo assistenza nella prevenzione e nel trattamento della malnutrizione;
Molti di questi aiuti, la Libia, li riceve da MEDICI SENZA FRONTIERE:
MSF lavora in Libia dal 2011 e dal 2016 fornisce cure mediche a rifugiati e migranti lungo le rotte del loro viaggio, tra cui persone soggette a tratta, sbarcate sulle coste libiche o detenute illegalmente in centri di detenzione che rientrano formalmente sotto l’autorità del Ministero dell’interno del paese e del suo dipartimento per combattere l’immigrazione illegale nelle aree di Tripoli, Khpms, Misurata, Bani Walid, Zuwara e Djebel Nafusa.
Molti pazienti di MSF presenti nei centri erano persone estremamente fragili.
La maggior parte delle problematiche trattate erano correlate o aggravate dalle terribili condizioni all’interno dei centri, come per esempio il sovraffollamento, il cibo inadeguato, la mancanza di acqua potabile e le latrine insufficienti che facilitano la diffusione di infezioni acute del tratto respiratorio, la tubercolosi e malattie della pelle, come la scabbia. I disturbi mentali e i traumi spesso peggiorano durante la detenzione.
MSF ha denunciato più volte questa situazione, ma ha osservato pochi progressi positivi. Al contrario, la campagna per criminalizzare le navi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e il trasferimento della responsabilità dell’unità alla guardia costiera libica per queste operazioni, ha ulteriormente isolato le coste libiche, intrappolando persone vulnerabili in un Paese dove la loro vita è in pericolo e dove si verificano gravi violazioni dei diritti umani, come documentato dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni.
Insomma, MEDICI SENZA FRONTIERE ha fatto molte cose per la Libia e le sta facendo ancora, ed è per questo che li ringraziamo.
Secondo noi ogni guerra è una guerra mossa contro i bambini. Riteniamo che ogni bambino ammalato debba essere curato e che a ogni orfano o bambino di strada o ai margini della società dovrebbero essere garantiti protezione e supporto.

Di Luca Fregola e Lorenzo Pennini, Scuola Secondaria di I grado "F. De Pisis", Ferrara (sezione di Porotto), classe 1L