Nella storia delle migrazioni più recenti (che hanno visto decine di migliaia di persone muoversi verso l’Europa in cerca di un futuro che sperano migliore) un posto a sé è occupato da bambini e adolescenti. Molti di loro scappano insieme alle famiglie, ma alcuni (e non sono pochi) affrontano il viaggio da soli.

Chi è un minore non accompagnato?
Per la legge italiana è “lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale”, (art. 2, lett. E del D.lgs. 142/2015).

In parole “nostre”, sono i minorenni che non hanno con sé i genitori. Sono ragazzi e bambini anche piccoli che si mettono in viaggio senza pensare ai pericoli

[Un esempio ce lo dà lo scrittore Fabio Geda nel suo libro Nel Mare ci sono i coccodrilli, la storia (vera) di Ena, un ragazzino afghano cui muore il padre in un agguato di briganti. Il ricco signore per cui lavorava il padre vuole Ena come risarcimento per la merce perduta, perciò sua madre lo porta in Pakistan e lo lascia lì. Da lì ha inizio l’incredibile viaggio che porterà Ena in Italia passando per l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo ha messo in contatto con la cattiveria e la bontà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l’ironia e il sorriso]
Ma facciamo un passo indietro e proviamo
a capire PERCHÉ si scappa dal proprio paese.
Le ragioni principali sono tre:
– la guerra (per motivi politici o religiosi)
– la fame (per mancanza di lavoro)
– i cambiamenti climatici (perché il territorio non è quasi più vivibile).

I migranti che da qualche anno cercano disperatamente di raggiungere le nostre coste riassumono spesso tutte e tre le ragioni: in molti paesi dell’Africa o del Medio Oriente il clima è diventato insostenibile, il lavoro praticamente non esiste e le guerre sono molto frequenti. Per questo sempre più spesso l’unica soluzione diventa andarsene.

Già il viaggio per arrivare sulle coste dell’Africa settentrionale o della Turchia è tremendo, una tragedia nella tragedia. Lunghi tragitti a piedi, migliaia di dollari per passaggi in camion che quasi sempre portano con sé violenza e abusi, e poi l’ultimo passo: vecchi pescherecci tenuti insieme con lo spago, gommoni caricati per 4 o 5 volte la loro capienza…

Sappiamo benissimo, purtroppo, che il Mar Mediterraneo è diventato un cimitero anche di bambini.
Pensiamo solamente alla storia straziante del povero ragazzino che aveva la pagella cucita nella giacca per dimostrare che era bravo e poter andare a scuola. La vignetta che gli ha dedicato poeticamente un grande fumettista, Makkox, non ha bisogno di parole (solo di lacrime).

Noi, però, partiremo da coloro che sono riusciti ad arrivare in Europa.

Cosa succede una volta che scendono a terra?

La rete dell’accoglienza in Italia è gestita dal Ministero dell’Interno e si articola in:
►Centri Di Accoglienza (CDA) e Centri di Prima Accoglienza e Soccorso (CPSA) dove chi arriva riceve le prime cure mediche, viene schedato e può richiedere lo status di rifugiato*: se accettato, passerà al CARA: Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo.
► Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE):
chi non chiede la protezione internazionale è trattenuto
in questi centri, da cui non può uscire liberamente.
► strutture temporanee
► progetti del Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR): dovrebbero essere una rete di centri di “seconda accoglienza” per far integrare chi ha ricevuto la protezione internazionale, ma con il superaffollamento dei CPA anche i nuovi arrivati possono arrivare subito in uno SPRAR.

[* Profugo è un termine generico che indica chi lascia il proprio Paese a causa di guerre o catastrofi naturali.
Rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951
Migrante è chi sceglie di lasciare volontariamente il proprio Paese in cerca di migliori condizioni economiche. ]
In questi centri vengono accolti singoli, famiglie e anche loro, i Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA).
Nel 2018 (fonte UNICEF) sono arrivati via mare in Italia 3.536 minorenni stranieri non accompagnati, per un totale dal 2011 di più di 62mila ragazzi (fonte IlSole24ore). Purtroppo molti fanno perdere le loro tracce e di fatto scompaiono.
Perché?
Perché, purtroppo, i centri di accoglienza non sono bei posti in cui stare. Anzi. Un’inchiesta dell’UNHCR (Alto commissariato per i rifugiati) e dell’AGIA (Agenzia Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza) ha verificato che nella stragrande maggioranza dei centri (80%!) mancano persone e uffici di orientamento per i ragazzi, la socializzazione è carente (più del 50%) e spesso i ragazzi sono costretti a restarci più dei 30 giorni (massimo!) previsti dalla legge; pochi sono anche i tutori, le persone che dovrebbero aiutarli a trovare una sistemazione.
«L’ascolto delle persone di minore età è indispensabile per far emergere i loro bisogni e le loro opinioni, e quindi, assicurare il rispetto dei loro diritti» leggiamo sul sito dell’UNHCR (lo dice Felipe Camargo, che lo rappresenta nel Sud Europa). E cosa chiedono i ragazzi? Le parole che più volte ricorrono sono GENTILEZZA e AFFETTO. Oltre all’amicizia dei loro coetanei.
Tutte cose che nei Centri di Accoglienza è difficile trovare.

[Ne è un esempio la tragedia dei centri per minori in Grecia (a Lesbo e non solo): lo scorso agosto i minori che ospitavano erano 1100, il numero più alto mai avuto dal 2016. Sulla terribile “Sezione B” di Lesbo, la parte riservata a loro, l’UNICEF ha girato un documentario straziante, perché contrappone i sogni di quattro ragazzi all’orrore che hanno vissuto. (trovate link è nelle fonti):
«Lo scorso fine settimana un bambino ha perso la vita e altri due sono rimasti feriti in un violento incidente avvenuto nel centro di accoglienza e identificazione di Moria, nell’isola di Lesbo. Quest’ultima tragedia ci ricorda con forza che la situazione nei centri di accoglienza in Grecia è al punto di rottura» afferma Afshan Khan, Direttrice dell’UNICEF per l’Europa e l’Asia centrale. Il centro di accoglienza di Moria, progettato per accogliere circa 3.000 persone, ne ospita attualmente oltre 8.700, di cui 3.000 minorenni. La “Sezione B”, la cui capienza è di 160 minorenni non accompagnati, ne conta al momento 520.]
Per questo è nata da qualche anno una rete di associazioni che unisce le famiglie (ma non solo, anche i single possono diventare tutori, e lo vedremo) che hanno deciso di assistere questi ragazzi, i cosiddetti

TUTORI.
Ovviamente tutori non ci si improvvisa: bisogna fare una serie di colloqui, frequentare un corso e poi attendere l’assegnazione. Ma chi può essere tutore? Ogni cittadino italiano maggiore di 25 anni può diventare un Tutore Volontario, che è, sì un tutore legale , ma che ha anche e forse soprattutto una specie di funzione genitoriale.
Infatti la legge prevede anche che il tutore si faccia interprete dei bisogni e delle necessità del ragazzo.
Non sempre i ragazzi abitano con i loro tutori, ma da loro vengono seguiti durante la giornata.
I Tutori vengono nominati dal Tribunale dei Minori dopo aver superato una formazione che è strutturata a livello provinciale. Ci sono Tutori Affidatari, e allora i ragazzi vivono con loro.
Ma per meglio capire QUANTO è utile e positivo questo tipo di scelta, vorrei citare due storie che per puro caso si svolgono entrambe a Bologna (ma forse non è un caso: Bologna è sempre stata una città molto accogliente).

Proprio oggi che scrivo (19 gennaio 2020), durante la manifestazione delle Sardine in piazza VIII Agosto, sul palco è salito Moussa Molla Salih, un immigrato ora ventenne che ha fatto il percorso di integrazione grazie all’Associazione famiglie accoglienti e ha vissuto insieme ad Angela e Fabrizio Tonello, professore universitario e giornalista, che ha scritto con lui questo testo:

Sono qui. Mi vedete. Sto bene. Mi vedete.
Sono qui perché gli uomini camminano, le parole corrono Gli uomini sono lenti, le parole sono veloci. Gli uomini si stancano, le parole volano
Gli uomini vengono fermati. Da altri uomini, dai muri, dai fili spinati
Le parole no.
Non esistono muri contro le parole.
Non esistono deserti, non esistono montagne, non esistono mari
Le parole ci raggiungono ovunque, anche quando ce le nascondono.
Anche quando non le capiamo.
Io non sapevo esistessero, queste parole, laggiù in Benin.
Sono le parole che sono venute a cercare me, non io che sono andato da loro.
Sono venute e mi hanno parlato dell’Italia
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Queste parole sono venute e mi hanno chiamato. “Siamo un pezzo della Costituzione” mi hanno detto.
E io ho chiesto: “Cos’è una costituzione?”
E loro hanno risposto: “Sono parole che rendono gli uomini uguali”
Uguali.
Cristiani e musulmani
Donne e uomini.
Giovani e vecchi.
Neri e bianchi.
Poveri e ricchi.
Uguali.
Mi piaceva.
Ho preso le mie scarpe da ginnastica, ho salutato i miei genitori e ho preso il biglietto per il Mali.
Poi sono successe molte cose. Il caldo, il freddo, la malattia, il gommone.
Non avevo paura. Neppure quando eravamo soli in mezzo al mare ho avuto paura
Perché le parole mi aiutavano, mi davano speranza, erano una promessa.
E ora sono qui. Sono qui perché un gruppo di italiani, 50 anni prima che io nascessi, ha scritto un gruppo di parole.
Si chiama Costituzione italiana.
La vostra Costituzione, che adesso è anche la nostra.

Ora Moussa è maggiorenne e vive da solo. Ma il bello è che per lavoro aiuta quelli che come lui cercano una vita migliore: infatti lavora in un centro di accoglienza creato da migranti per i migranti.

La seconda storia è ancora più particolare e personale. Sandra (Biondo) è un’amica e collega di mia madre (traduce dal portoghese e lo insegna), è single, ha una lunga esperienza di aiuti umanitari sin da ragazza (in Italia, Africa e Brasile, dove ha vissuto a lungo) e l’anno scorso ha deciso di diventare Tutore Volontario. Le ho chiesto se voleva rispondere a qualche domanda e ha accettato volentieri.

1) Da chi hai saputo dell’esistenza dei tutori? Perché hai voluto diventarlo?

Io ho un lungo passato come volontaria internazionale. La prima volta sono partita nel 1982, a 20 anni, per andare in Africa, poi nel 1991 ho preso la nave e sono andata in Brasile, dove sono rimasta 12 anni a lavorare a progetti di cooperazione internazionale con bambini e donne. Al mio ritorno in Italia avevo un po’ “rallentato” per lavorare e mantenermi (essendo da sola), ma mi è sempre piaciuto tenermi informata. Quando nell’aprile 2017 ho sentito che era stata approvata la legge Zampa (che è una senatrice di Bologna) che istituiva la figura del tutore, ho pensato che era arrivato il momento di fare qualcosa. Perché l’ho fatto, mi chiedi. È iniziato tutto col naufragio dell’ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa morirono 368 persone: quell’evento mi sconvolse. Dopo questo naufragio mi sono chiesta cosa potevo fare IO. Nel 2016 un conoscente di internet (Giovanni Fontana, del blog DISTANTI SALUTI) andò in Grecia per attività di animazione in un campo profughi. Dopo qualche mese sono partita anche io, e ci sono rimasta dieci giorni. È stato il primo contatto. Nel campo c’erano soprattutto siriani, afghani, yazidi. Nel 2017 sono arrivati i Tutori: prima mi sono informata sul sito dell’AGIA. Il primo incontro è stato nel dicembre 2017 e subito ho deciso di fare il percorso di formazione, che è durato due mesi. Ci hanno insegnato un po’ di tutto: le norme dell’accoglienza a Bologna e provincia, la parte legale sull’affido, i vari progetti… E non sono mancate le lezioni di psicologia per aiutarli a superare il trauma migratorio. La nostra regione, l’Emilia Romagna, è MOLTO attenta alla parte emotiva e al rapporto umano nella scelta degli accoppiamenti fra tutori e ragazzi, mentre so che altrove ci si limita a fare due liste e a tirare delle righe…
E comunque, sai perché l’ho fatto, soprattutto? Sai quando ti dicono: “Perché non li prendi a casa tua”? Ecco io l’ho fatto, così da avere la coscienza pulita quando parlavo dell’argomento! Io ci provo a fare qualcosa. Perciò posso parlarne quanto voglio!

2) Mi parli di Dionis? Da dove viene? Com’è arrivato in Italia? Quanti anni aveva quando è arrivato? Aveva studiato, nel suo paese?

Dionis è albanese, è nato il 13 marzo 2001 nel nord dell’Albania, sulle montagne, tra la neve, dove non c’erano strade asfaltate: pensa che dal nonno ci andava a cavallo! Non è un albanese della costa, di quelli che sanno benissimo l’italiano perché guardano la tv italiana. Lui non ce l’aveva nemmeno, la tv. A 16 anni ha fatto il passaporto (appoggiato dalla madre e dal nonno, il padre era un mezzo delinquente…), poi il biglietto e ha preso la nave. A Bari gli hanno controllato i documenti, ed essendo lui minore extracomunitario e non accompagnato è stato SUBITO inserito nel servizio tutela ed è arrivato a Bologna. In Albania andava a scuola, ma il livello era basso. Per un anno, qui, ha praticamente studiato solo italiano, poi ha fatto un corso professionale per termoidraulici e anche l’esame di terza media (altrimenti non poteva lavorare). Già dal secondo anno di scuola ha fatto degli stage, ha avuto dei contratti di lavoro a tempo determinato, ma in luglio speriamo tanto che diventino a tempo indeterminato! Ora è maggiorenne, ma il rapporto fra noi non si è interrotto. Anzi! Forse questi ragazzi hanno bisogno di aiuto soprattutto ora che devono iniziare la loro vita autonoma!

3) È stato difficile aiutarlo? Cosa facevate insieme? Cucinavate? Ti ha insegnato qualcosa del suo paese? Qualche parola?

Per il lavoro no, lo ha aiutato la scuola a trovarlo. Io ho solo chiesto un colloquio col titolare (un piccolo artigiano) perché volevo che capisse che il ragazzo non era solo e se si comportava male c’ero io come garante. Per trovare casa, invece è stato fondamentale che ci fossi io: nessuno voleva affittare a uno straniero. Anche se Dionis è un ragazzo buono, molto semplice, molto rispettoso delle regole: non fuma, non ha mai fatto uso di droghe, beve solo di rado, ma mai troppo. È molto responsabile. Ma è anche molto timoroso.
Parla molto dell’Albania. E questo rende evidente le differenze, che per lui non sono sempre chiare. Per esempio, mi diceva che da loro non si usa chiedere come sta la famiglia, che è maleducazione; io invece gli ho spiegato che da noi è il contrario, è un segno di affetto e di interesse. Il nostro è uno scambio: io gli parlo dell’Italia (e cerco di spiegargliela) e lui mi parla dell’Albania. I suoi amici sono solo albanesi, guarda video albanesi, legge cose albanesi. Perciò ci vuole qualcuno che gli spieghi come funzionano le cose qui da noi e quali sono le differenze. Per esempio, una volta mi ha detto che da lui gli uomini si siedono a tavola e le donne li servono; se hanno fame ancora, neanche parlano, ma strofinano la forchetta. Allora gli ho spiegato che da noi questa cosa poteva succedere 60-70 anni fa in campagna, ma ora non più: ora anche le donne lavorano fuori casa e c’è maggiore collaborazione in famiglia. Quanto al cibo… Nota dolente! A me piace tanto cucinare ed ero curiosa. Ma alle mie domande lui rispondeva sempre che da loro mangiavano fagioli. Allora ho chiamato una collega albanese, mi sono fatta mandare la ricetta, l’ho preparata, e lui ne ha mangiati TRE PIATTI! Gli mancava casa…

4) Ha subito episodi di razzismo? Che cosa pensa di noi? Come ci vede?

Non credo che gli siano capitate cose gravi, non me ne ha mai parlato. Di certo dopo la comunità (“È come una galera”, mi ha detto una volta, “sei costretto a stare con persone che non scegli tu”) cerca la compagnia di persone che sente simili a lui, perciò i suoi amici sono tutti albanesi. Io, da parte mia, cerco di portarlo a conoscere i miei amici, così che conosca i tanti tipi di italiani che esistono. Quello che noto è che cerca spesso la compagnia dei maschi, degli uomini, dei mariti delle mie amiche e dei miei amici maschi. Tende a essere molto diffidente, questo sì. Dunque si rende conto (e mi rendo conto anche io) che qualche difficoltà c’è. Io spero che tramite me, i miei amici, il suo titolare e i suoi clienti abbia un’idea abbastanza ampia dei diversi italiani che esistono, buoni e cattivi. Prima per lui esistevano solo le montagne e un solo modo di vivere. Ora ne sono arrivati altri. Spero che saprà scegliere il suo!

GRAZIE, SANDRA!

di Andrea Gaggini, Educandato Setti Carraro Dalla Chiesa, classe III B (secondaria primo grado)

FONTI E MATERIALI PER CHI VUOLE SAPERNE DI PIÙ

Il testo della legge per la tutela dei Minori stranieri non accompagnati:

*** NORMATTIVA ***

LEGGE 7 aprile 2017, n. 47 Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati. (17G00062) (GU n.93 del 21-4-2017 ) note: Entrata in vigore del provvedimento: 06/05/2017

e i primi commenti "a caldo" di una ONG: Save The Children, che di questi bambini si occupa:

La legge per la protezione e accoglienza dei minori migranti è finalmente realtà | Save the Children Italia

Oggi è una giornata storica per i diritti dei minori più vulnerabili: è stato approvato definitivamente alla Camera il DDL che istituisce, per la prima volta in un paese europeo, un sistema organico di protezione e accoglienza a loro dedicato.

Pagina dedicata ai MSNA sul sito del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali:

Minori Stranieri Non Accompagnati

Attività e servizi Per minore non accompagnato s'intende " lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale", (art. 2, lett. E del D.lgs. 142/2015).

Dove si trova anche una sorta di censimento dei Minori aggiornato molto spesso:

No Title

No Description

Riepilogo della legislazione internazionale e italiana per i MSNA:

https://www.altalex.com/documents/news/2019/09/12/tutela-in-italia-del-minore-straniero-non-accompagnato

Relazione sulle visite nei centri di emergenza, di prima e seconda accoglienza in Italia realizzata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) e dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati (UNHCR).

No Title

No Description

Dati vari:

UNICEF e minori migranti in Italia, i risultati di un anno di lavoro

Un gruppo di "U-Reporters" di Palermo - ©UNICEF/2018/C.Saturnino 22 febbraio 2019 - Nel 2018 sono arrivati via mare in Italia 3.536 minorenni stranieri non accompagnati (MSNA), mentre a fine anno erano 10.787 quelli presenti in Italia.

In Italia oltre 7mila minori stranieri non accompagnati, 4.700 risultano irreperibili

A scattare la fotografia dei minori stranieri non accompagnati in Italia è il rapporto "A un bivio. La transizione all'età adulta dei minori stranieri non accompagnati in Italia", commissionato da Unicef, Unhcr e Oim e realizzato da Fondazione Ismu, in collaborazione con Università degli Studi di Catania e Università degli Studi Roma Tre.

Minori stranieri non accompagnati: il rapporto sulle visite ai centri di accoglienza di Agia e UNHCR - UNHCR

Permanenze troppo lunghe, scarsità di informazioni, difficoltà di socializzazione: perfino giocare a calcio è un problema. Dall'ascolto delle esigenze degli ospiti di minore età raccomandazioni a Governo e istituzioni È stata diffusa oggi l'anticipazione del rapporto "Minori stranieri non accompagnati: una valutazione partecipata dei bisogni", relazione sulle visite nei centri emergenziali, di prima e ...

Video Unicef su Samos:

Section B - life in limbo | UNICEF

Clinging to hope while living in dangerous and crowded conditions, these are the boys from Section B - the area where unaccompanied refugee and migrant child...

Programma Tutori volontari e affidatari:

"Terreferme": in famiglia non si è mai stranieri

"Terreferme" nasce dalla collaborazione tra l'UNICEF, il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) e l'Autorità Garante per l'infanzia del Comune di Palermo. Il progetto è stato avviato in forma sperimentale nel maggio 2017 per promuovere l'accoglienza in famiglia per minorenni migranti e rifugiati arrivati da soli in Italia.

Ma anche altre associazioni (la prima è quella cui è iscritta Sandra):

Chi è il Tutore volontario | Famiglie Accoglienti

Ogni cittadino italiano, maggiore di 25 anni, può ambire a diventare un Tutore Volontario, ruolo che costituisce una nuova forma di tutela legale, espressione di genitorialità sociale e cittadinanza attiva. La legge prevede, infatti, non solo la formale rappresentanza giuridica, ma anche un'attenta relazione con il tutelato, affinché il tutore possa farsi interprete dei suoi bisogni e delle sue necessità.

https://www.vita.it/it/article/2018/07/17/tutto-quello-che-ce-da-sapere-per-accogliere-in-affido-un-minore-sbarc/147611/

E queste sono due testimonianze di ragazzi, direttamente dalla loro voce:

"Terreferme", affidi familiari per i minori migranti: la storia di Weghy e Ahmed

Terreferme è il progetto di UNICEF e CNCA - Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza - e Garante infanzia del Comune di Palermo che promuove gli affid...

"Terreferme", affidi familiari per i minori migranti: la storia di Zizzo

Terreferme è il progetto di UNICEF e CNCA - Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza - e Garante infanzia del Comune di Palermo che promuove gli affid...