Come la la natura influenza la vita umana? Come la vita umana influenza la natura? Perché avvengono le catastrofi naturali?

Questa sono alcune delle molte domande che spesso ci poniamo guardando il telegiornale e ascoltando di disastri naturali che ogni anno provocano decine di migliaia di morti. E’ l’uomo che sfrutta e rovina la natura o è la natura stessa ad essere malvagia, “natura matrigna” come la definiva Giacomo Leopardi?

Nell’antichità si credeva che fosse la terra al centro del mondo e di conseguenza l’uomo fosse al centro del creato. Secondo la tradizione cristiana, per esempio, la natura è la culla dell’uomo e tutto è stato creato per l’essere umano. Qualche secolo più tardi Galileo cominciò a diffondere la teoria eliocentrica cioè che è il sole ad essere al centro dell’universo. Nei decenni successivi l’idea che l’uomo non fosse al centro del mondo portò a sviluppare un tipo di pensiero come quello del poeta Giacomo Leopardi il quale sosteneva che la natura fosse matrigna e che l’uomo dovesse continuamente lottare per sopravvivere in quanto la natura non era predisposta all’aiuto umano. Probabilmente quindi il mondo non è stato creato in funzione all’uomo, ma l’uomo l’ha plasmato e l’ha modificato secondo il proprio bisogno. Per questo, accanto alle catastrofi naturali quali terremoti, tsunami e uragani che già di per se seminano morte e distruzione tra intere popolazioni, si aggiungono le conseguenze degli atti umani che sfidano l’uomo stesso e la natura, che ne mutano le leggi naturali con la grande industrializzazione e con lo sfruttamento delle risorse naturali.

Un esempio di disastro provocato proprio dalle azioni dell’uomo è quello della diga del Vajont, architettonicamente perfetta. Oltretutto essa era progettata come una grande opera pubblica di cui andare fieri e che avrebbe portato molti benefici all’economia. Allora cosa andò storto tanto da procurare circa duemila morti? Perché un opera architettonicamente perfetta, un capolavoro di ingegneria, procurò un danno così elevato ? Si aprirono delle indagini da parte della magistratura per stabilire se si trattò di un disastro naturale o se c’erano dei colpevoli. Tutte le relazioni tecniche del caso dimostrarono che la catastrofe era prevedibile. La superficialità dell’uomo che realizzò quest’opera su un monte non idoneo per tale costruzione (il monte Toc) fu la causa di questo disastro.

E’ inoltre tristemente conosciuto anche il fenomeno della deforestazione dell’ Amazzonia che ha raggiunto nel 2018 livelli record. Un’area grande quanto metà della Giamaica, pari a 7.900 chilometri quadrati, sarebbe stata disboscata in soli 7 mesi, dall’inizio del 2018. L’uomo deturpa e distrugge la natura per poter aver legna da ardere e legame adatto a costruire mobili o edifici. Ma la deforestazione aumenta l’anidride carbonica presente in atmosfera. Perché? Le piante svolgono la fotosintesi clorofilliana sottraendo anidride carbonica all’atmosfera e arricchendola di ossigeno: se le piante continuano ad essere eliminate, il processo di fotosintesi si arresta, l’anidride carbonica aumenta causando così il noto fenomeno dell’effetto serra. Altra conseguenza del disboscamento è la riduzione dell’habitat naturale di tante specie animali che quindi corrono il rischio di estinguersi.

Per ultimo, ma non per questo meno importante, è emerso negli ultimi anni il pericoloso aumento della temperatura del pianeta, il surriscaldamento. Causa principale di questo grave problema è l’inquinamento atmosferico e  quindi, ancora una volta l’uomo. Uomo che ora scende in piazza e manifesta chiedendo alle autorità interventi quali ad esempio la riduzione drastica dell’utilizzo di carbone, petrolio e gas per poter arginare le conseguenze tragiche a cui si andrebbe incontro continuando ad ignorare gli allarmi che la natura ci manda ogni giorno: per esempio

l’Italia e il resto del Mediterraneo avranno a che fare con un aumento dei decessi causati dal caldo eccessivo, raccolti da buttare a causa della siccità o delle forti piogge e conflitti sull’uso delle risorse idriche. Gli attuali piani messi a punto dai governi nazionali sulla base dell’accordo sul clima siglato a Parigi due anni fa – compreso quello dell’Unione Europea , che comprende l’Italia – ci condannerebbero ad un pianeta oltre 3°C più caldo entro la fine del secolo. La buona notizia è che qualcosa si può fare per fermare il termometro del pianeta a +1,5°C . Ciò richiede una transizione molto rapida e molto drastica nei campi dell’energia, dell’uso della terra, delle infrastrutture urbane e dei trasporti, così come dei sistemi industriali. Le fonti rinnovabili dovranno fornire il 70-85% dell’energia entro il 2050, mentre le emissioni da attività industriali dovranno essere il 70-95% in meno rispetto al 2010. Il carbone e altri combustibili fossili dovranno progressivamente scomparire, le emissioni dimezzarsi entro il 2030.

Ed ora, dopo avere analizzato numerosi esempi dell’uomo che modifica l’ambiente o dell’ambiente che si ribella all’uomo, tanti sono i quesiti e le incertezze che si fanno strada nella nostra mente.Una delle domande più frequenti è: “e noi che cosa possiamo fare?”. Una domanda che con la sua risposta apre due mondi paralleli: tutto o niente. Tutto perché si può accompagnare la crescita del mondo senza continuare l’opera di sistematico sfruttamento della natura, o niente, continuando a fare quello che abbiamo fatto in passato, continuando cioè a dare importanza solo alla crescita e al benessere economico. A noi la scelta!

di Paola Rizzini, scuola A. Canossi.