IN ERITREA NON SI VIVE DA ESSERI UMANI: ECCO PERCHÉ MOLTI SCELGONO DI FUGGIRE. UNA TESTIMONIANZA DI CHI CE L’HA FATTA
L’Eritrea è un paese poverissimo, militarizzato e dove sono minime le libertà personali. Per gli eritrei è vietato lasciare il paese, chi lo fa è considerato un fuorilegge. Quando una persona decide di scappare dall’Eritrea, affronta continuamente pericoli e potenziali abusi. Chi fugge in Etiopia o in Sudan rischia di essere preso di mira dalle guardie di confine eritree. In Sudan, gli eritrei possono subire il rimpatrio forzato mentre in Etiopia faticano a sopravvivere senza lavoro o opportunità di istruzione. Per molti eritrei, mettersi nelle mani dei trafficanti e dirigersi verso l’Europa attraverso il deserto del Sahara e la Libia rimane l’unica opzione. Si scappa dall’Eritrea per mancanza di prospettive, di libertà e anche per evitare il servizio militare obbligatorio (uomini e donne a partire dai 17 anni), che spesso viene esteso nel tempo in maniera indefinita diventando quasi una sorta di lavoro forzato. “In Eritrea, non si vive da esseri umani. Il governo può mandarti in carcere, ti può condannare a morte dalla mattina alla sera”. Alcune persone riferiscono di essere state torturate per svolgere il servizio militare obbligatorio.
IL VIAGGIO VERSO LA SALVEZZA
Senza eccezioni, il viaggio per la salvezza è arduo. Attraversando il deserto del Sahara, eritrei, e non solo, sono ad alto rischio di soprusi, rapimenti, torture, violenza sessuale, rapine ed estorsioni. I pazienti di MSF spesso riferiscono di aver assistito alla morte di molti, poiché i trafficanti tentano di guadagnare il più possibile senza alcun riguardo per la vita delle persone. Gli eritrei e altri rifugiati e migranti cadono dai veicoli sovraffollati che attraversano il deserto e sono lasciati a morire nel caldo soffocante. Altri si ammalano e talvolta muoiono per mancanza di cibo e acqua.
La malnutrizione è molto frequente perché è causata dalla carenza di sostanze nutritive essenziali, i bambini smettono di crescere e si ammalano più facilmente, a causa dell’indebolimento del loro sistema immunitario. Inoltre una volta arrivati in Libia, affrontano abusi da parte di contrabbandieri, trafficanti e gruppi armati. La tortura e la violenza, compresa quella sessuale, sono normali quanto mangiare un pasto.
LA TESTIMONIANZA DI NOEMI (nome di fantasia).
Abbiamo raccolto una testimonianza di una ragazza che è fuggita dall’Eritrea. Ecco le nostre domande e le sue risposte:
Ci può raccontare la sua storia prima del viaggio?
Sono nata nel 1979, quando era già in corso la guerra tra l’Eritrea e l’Etiopia. Non ho potuto frequentare la scuola fino a 10 anni perché la guerra non me lo permetteva: ho iniziato ad andare a scuola grazie all’intervento dell’ONU che ha riportato per un periodo la pace così ho frequentato tutti gli ordini scolastici comprese le superiori.
Quanti anni aveva quando è partita per il lungo viaggio e con chi era?
Avevo 20 anni, e sono partita con un cugino di un mio conoscente, che era stato ferito in guerra, e un suo amico.
Che cosa le è accaduto nel viaggio?
Innanzitutto abbiamo cercato una guida che ci potesse condurre fino al Sudan, ma, la notte in cui avremmo dovuto scappare la guida si è presentata ubriaca, quindi ci siamo persi nella notte e ci siamo nascosti dietro un cespuglio nell’attesa di ripartire. Io ero partita solamente con una Bibbia, un pacchetto di biscotti e i vestiti che avevo addosso. Alle prime luci dell’alba abbiamo visto accamparsi dei nemici, e ciò ha ritardato nuovamente la partenza del viaggio facendoci rimanere nascosti ancora un giorno. Per fortuna non ci hanno scovati né iene né beduini (tagliatori di teste) né guardie armate. Il terzo giorno abbiamo ripreso il viaggio incrociando degli amici della guida, che ci hanno rifocillati. La successiva tappa del cammino è stata Karthoum dove mi sono fermata da mia sorella per 10 mesi. Ho comunque deciso di andarmene perché lì le donne non contano, e di arrivare in Europa. A portarmi fu una carovana che attraversava tutta l’Africa fino in Libia, dove rimasi nascosta per un po’. Poi mi rimisi in viaggio con degli scafisti e sbarcai a Lampedusa.
Come è stata accolta in Italia?
Sono stata accolta per motivi umanitari, ma senza permesso di lavoro e dovevo rinnovare il contratto ogni 6 mesi. Facevo la badante e questo mi ha portato fino a Mondovì dove ho incontrato delle persone che mi hanno trattata come una figlia, ma i rapporti con lo stato italiano erano molto difficili e ho deciso di puntare verso il Nord Europa, nella Penisola Scandinava.
E ora?
Ora sono una donna libera, sposata e con tre figli. Ho una casa e un lavoro che mi permette di avere una vita felice. La nuova cittadinanza mi permette di pensare ad un futuro per me e la mia famiglia.
RABBIA, PAURA E DISPIACERE
Si prova rabbia nell’ascoltare la storia di Noemi e nell’approfondire la situazione dell’Eritrea, perché gli uomini quando ci sono conflitti, mettono in mezzo persone innocenti, anche tanta tristezza perché in questi conflitti non si riesce a trovare un accordo e muoiono troppe persone. Nell’ascoltare la testimonianza di Noemi nell’affrontare i pericoli del suo viaggio, abbiamo provato paura e dispiacere perché molte persone, per avere la libertà, devono rischiare la vita. Noi, ragazzini italiani e con i diritti civili rispettati, dobbiamo ritenerci fortunati e non dobbiamo sottovalutare il diritto alla vita e alla libertà perché non sempre è scontato.
Se mai dovessimo incontrare un rifugiato o un profugo senza tetto, cosa faremmo? Beh, di sicuro gli chiederemmo come mai si trova in quelle condizioni e chiameremmo un adulto pregandolo di informare i centri di accoglienza in modo che abbia cibo, acqua e un controllo della salute. Di certo non lo lasceremmo lì a morire come se fosse un semplice oggetto senza anima. Questo è quello che faremmo noi, perché una cosa è sicura: sono esseri UMANI e vanno aiutati come TUTTI GLI ALTRI.
AUTORI: Rachele Ravera, Francesca Trona, IC VILLANOVA MONDOVI’ Scuola Secondaria di Primo Grado, classe 2^B
Bibliografia:
- Non tornerò col dubbio e con il vuoto. Lettere senza frontiere. Il Pensiero Scientifico Editore
- Sito di MSF
Foto: https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2017/05/trauma-migranti.jpg