La famiglia Ashemi, composta da papà Ali mamma Ana e la figlia Nia di 10 anni, è una della tante famiglie che sono scappate dall’Afghanistan dopo che gli Stati Uniti hanno aumentato il livello delle ostilità nel 2015.
Il padre pensava fosse pericoloso rimanere nel paese perché lavorava per il governo italiano e per il governo statunitense come interprete.
Il governo italiano offrì alla famiglia di spostarsi in Italia e loro accettarono pur con mille dubbi : solo Ali infatti sapeva la lingua italiana, sapevano che la cultura italiana è molto diversa da quella afghana , inoltre, sapendo che la figlia aveva problemi di salute, si domandavano chi l’avrebbe curata.
Dopo averli conosciuti ad una visita medica li abbiamo incontrati nella casa che il governo italiano ha messo a loro disposizione, ecco cosa ci hanno raccontato.
ALI : Quando siamo arrivati eravamo molto preoccupati : non sapevamo cosa ci avrebbe riservato il futuro, ma eravamo sicuri che quella di partire era l’unica scelta possibile per avere una vita migliore rispetto a quella in Afghanistan. Nel nostro paese avevamo lasciato le nostre famiglie, i nostri amici , la nostra casa e un lavoro sicuro e ben pagato e di fronte e a noi non avevamo nessuna certezza.
IO : Come siete stati accolti in Italia ? Siete stati rassicurati ?
ALI : Appena arrivati all’aeroporto ci hanno presentato le persone che sarebbero diventati i nostri Angeli custodi : persone che ci hanno mostrato la nostra nuova casa, la scuola di Nia e che ci hanno aiutato a capire come funziona la vita qui in Italia.
IO : Come è stata accolta Nia nella sua classe ?
ALI : Al’inizio con molta curiosità poi le differenze culturali hanno avuto la meglio.
A questo punto interviene Nia : le mie compagne mi hanno fatto mille domande sul mio paese, sulla scuola di Kabul e all’inizio sembravano simpatiche ma ora ridono quando sbaglio l’italiano e nessuno mi invita alla sua festa di compleanno.
IO : Ali, hai trovato un lavoro ?
ALI : No. Il programma di integrazione prevede una somma mensile che il governo italiano paga alla mia famiglia. Per me è umiliante e preferirei di gran lunga lavorare, ma la situazione italiana attuale non è facile. Mi manca un’attività che riempia la mia giornata e dia un senso al tempo che passa.
IO : Com’è lo stato di salute attuale di Nia ?
ALI : Nia è in cura presso un ospedale italiano e sta lentamente migliorando. Purtroppo l’ospedale è lontano da dove viviamo e siamo costretti a passare molto tempo in albergo.
IO : E tua moglie ? Si è integrata ?
ALI : Purtroppo per lei è molto difficile. Non riesce ancora a capire e a farsi capire in italiano e questo complica tutto. Tra l’altro adesso aspetta un bambino e ha paura perché non avrà vicino la sua famiglia al momento della nascita. Questo è molto importante nella nostra cultura
IO : Avete pensato di far venire le vostre famiglie in Italia ?
ALI : Ci piacerebbe molto e abbiamo tentato, ma purtroppo non siamo riusciti a portare a termine il programma di ricongiungimento familiare. I nostri genitori sono molto anziani e temo che non riusciremo più a rivederli. Di questo mia moglie soffre molto.
Dopo aver assaggiato i dolcetii natalizi tipici del loro paese , ringraziamo Ali e la sua famiglia li salutiamo.
L’intervista con Ali ci ha fatto capire quali siano i sentimenti delle persone che arrivano in Italia.
Gli Ashemi sono una famiglia fortunata , non hanno problemi di casa ne di sostentamento : il governo italiano provvede alle loro necessità materiali, ma purtroppo ci sono necessità che non vengono soddisfatte da questi programmi.
Grazie a questo lavoro assegnato ho scoperto cose a cui non avevo mai pensato chi mi hanno fatto riflettere.
Medici Senza Frontiere ha analizzato questo aspetto intervistando gli ospiti dei Centri di Accoglienza e purtroppo ne è emersa una situazione drammatica.
Un’altissima percentuale di immigrati manifesta ansia , depressione , disturbi compatibili con lo stress post traumatico dovuto alle sofferenze psicologiche conseguenti ad un evento traumatico , catastrofico o violento.
Molti immigrati però manifestano stress anche per le difficoltà legate alle condizioni di vita attuali.
Come per Ali , la mancanza di attività quotidiane, la paura per il futuro, la solitudine e il timore per i familiari lasciati nel luogo d’origine rappresentano le principali problematiche della vita post immigrazione.
L’Italia è ancora impreparata a gestire queste necessità e se molto è stato fatto sul tema delle necessità primarie, ancora tanta strada resta da fare in tema di disagio psicologico.
Io penso che basterebbe uno sforzo in più da parte del governo, ma anche da parte della popolazione per migliorare la situazione.
di Benedetta Losi, classe 3A, a.s. 17/18, Scuola Media Statale di via Vivaio Milano