Zamir è un ragazzino afghano di 12 anni che con la sua famiglia sta attraversando la penisola balcanica nella speranza di raggiungere la Francia.

Il 6 settembre 2018, data in cui è stato girato il video di Medici Senza Frontiere che abbiamo visto a scuola, era bloccato in Bosnia, vicino al confine con la Croazia. Per ben 11 volte ha tentato di oltrepassare la frontiera croata ma, ogni volta, è stato respinto. Il ragazzo trascorre le giornate in un edificio estremamente fatiscente e sovraffollato, insieme alla sua famiglia. In un’area ristretta si sono creati un loro spazio; una coperta stesa a terra ed una piccola tenda da campeggio sono la loro casa.

Nel video Zamir, oltre a mostrare la sua sistemazione, racconta episodi del suo viaggio, parla delle ore di cammino percorse nella speranza di raggiungere l’Europa e di come i poliziotti di frontiera croati ogni volta lo abbiano fermato e respinto.

Zamir racconta tutto questo non con parole di rancore o con atteggiamento vittimistico. Egli spiega che alcuni poliziotti sono stati rudi, mentre altri hanno avuto atteggiamenti più umani. Dice che tutte le persone di tutte le nazioni possono essere buone o cattive e che non tutto quello che sta vivendo è negativo.

Zamir non frequenta la scuola da tre anni ma desidera crescere e studiare.

Sogna di oltrepassare le frontiere, di diventare un dottore e, come tutti i suoi coetanei, di giocare a calcio.

Zamir non è solo.

Ogni giorno migliaia di persone tentano di trovare una vita migliore in stati lontani dal loro paese di origine. Donne, uomini, anziani, giovani e bambini si incamminano con la speranza nel cuore.
Lungo il confine bosniaco, specialmente nelle zone intorno alla città di Bihac e di Velika Kladusa, insieme a Zamir vivono migliaia di profughi in attesa di riuscire ad oltrepassarlo.

Per approfondire maggiormente la situazione dei migranti lungo la frontiera bosniaca venerdì 21 dicembre 2018 abbiamo intervistato tramite Skype la professoressa Lorella Gallo, docente di lettere all’Istituto Superiore “Vallauri” di Fossano. La scuola in cui lavora ha creato, da qualche anno a questa parte, un gemellaggio con una scuola della cittadina croata di Korenica. Inoltre dei tirocinanti si recano periodicamente in Bosnia, a Bihac, per effettuare degli stage riservati ai neodiplomati relativi al loro percorso scolastico. Durante la videochiamata la professoressa Gallo ha risposto in maniera chiara ed esauriente alle varie domande.

Prof. Lorella Gallo

Come ha avuto l’idea del gemellaggio?

Mi è venuta dopo aver conosciuto, tramite Facebook, una giornalista italiana residente in Bosnia. Nello specifico il progetto prevede la mappatura dei sentieri di montagna attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.  Nel mese di ottobre mi sono recata nei Balcani per prendere contatto con altre istituzioni scolastiche, croate e bosniache, con le quali intraprendere un eventuale gemellaggio. Essendo terminato anche il tirocinio di alcuni studenti fossanesi che si trovavano a Bihac, son tornata poi in Italia insieme a loro.

Com’è stato il viaggio?

È stato un viaggio tranquillo e senza controlli da parte della polizia di frontiera. Spostandomi in treno, ho visitato la città di Zara, in Croazia, l’area naturalistica dei laghi di Pitlivice ed infine sono arrivata in Bosnia, dove ho soggiornato a Sarajevo e Bihac.

In un’intervista ad un volontario di MSF abbiamo appreso che ci sono stati atti di violenza della polizia croata nei confronti dei profughi: lei ha assistito a qualcosa del genere?

Personalmente non ho assistito a maltrattamenti. Inizialmente la popolazione locale ha dimostrato grande accoglienza e solidarietà nei confronti dei profughi ma i cittadini si sono presto sentiti “abbandonati” dall’Europa. Recentemente sono state organizzate dai bosniaci delle manifestazioni di protesta perché non sono arrivati gli aiuti promessi dall’Unione Europea in tempi utili per affrontare l’emergenza. In seguito alle proteste questi aiuti sono arrivati e qualcosa è stato fatto per ridurre la criticità della situazione. Solo recentemente è stato messo a disposizione dei profughi un edificio restaurato per accoglierli e ospitarli, ma questo ha risolto solo in parte il problema perché molti preferiscono rimanere in strada.

Ha visitato la città di Velika Kladusa?

No. Non avendo un vero motivo per recarmi in quella zona, ho preferito non visitare la città solo per alimentare un “turismo della sofferenza mordi e fuggi”, senza di fatto offrire un aiuto e un supporto in quell’area.

E a Bihac?

Lì ho avuto modo di osservare parecchi uomini per le vie della città, in determinate ore della giornata, che con i loro semplici bagagli andavano a fare spesa nei negozi del paese. I giovani, purtroppo, erano tantissimi.

Il fiume Una a Bihac

Durante la sua permanenza in Bosnia ha incontrato i volontari di Medici Senza Frontiere, presenti nella zona della città di Bihac con un presidio medico-sanitario?

No, ma ho avuto a che fare con alcuni volontari della Croce Rossa e membri appartenenti ad un’altra associazione di volontariato.

A Bihac la situazione è davvero critica. La Clinica mobile di MSF interviene come può. Il capo missione, in un’audiointervista pubblicata sul sito dell’associazione, si dice preoccupato soprattutto per l’arrivo della stagione invernale. È necessario intervenire con urgenza e con canali sicuri.

Da sempre l’area dei Balcani è interessata dalle migrazioni ed è attraversata da quella che viene definita la “rotta balcanica”.

Dopo che è stato impedito il passaggio lungo la rotta serbo-ungherese nel settembre del 2015 con il «muro di Orbán» e, nel marzo 2016, si sono intensificati i respingimenti al confine serbo-croato, nella primavera del 2018 il percorso si è spostato verso la Bosnia.

Nonostante la Croazia abbia firmato la Convenzione di Ginevra, la maggior parte dei respingimenti, spesso attuati con crudeltà e violenza, avviene contro persone che richiedono asilo.

Nel frattempo la Bosnia, a causa dell’assenza di un’organizzazione statale delle migrazioni, gestisce l’emergenza attraverso l’opera dei volontari indipendenti e delle ong internazionali. Mancando però una vera pianificazione non è facile garantire le condizioni minime di sopravvivenza, specialmente durante il rigido inverno della penisola Balcanica.

Purtroppo, in molti casi, le persone in fuga non sono state accolte umanamente.  Ogni essere umano ha il diritto di essere soccorso in caso di necessità e di ricevere la giusta assistenza in caso di necessità. Bisogna ringraziare persone come gli operatori di Medici Senza Frontiere ed altre organizzazioni umanitarie, nazionali ed internazionali, che operano affinché tutto ciò avvenga. A loro va la nostra stima e il nostro apprezzamento più profondo.

Fonti

  • Sito medici senza Frontiere
  • www.balcanicaucaso.org, articolo di Michela Pusterla (24/9/2018)
  • info su libri di testo scolastici
  • info da intervista con prof Gallo

di Antonoaie Tommaso, Chiale Greta, Costamagna Francesco, De Cesare Matteo, Griseri Fabiana, IC Villanova di Mondovì

foto: archivio MSF, prof. Lorella Gallo