L’iniziativa della Belt & Road, conosciuta come “Nuova Via della Seta”, ha ulteriormente accresciuto l’importanza strategica dello Xinjiang per la Cina, grazie ai cinque corridoi economici del progetto che attraversano il paese. Le politiche cinesi nello Xinjiang sono state caratterizzate da una combinazione di repressione militare e sviluppo economico.
Questione ugura nello Xinnjiang:
Negli ultimi anni sono aumentate le preoccupazioni della comunità internazionale rispetto alle condizioni della comunità uigura, un’etnia turcofona di religione islamica stanziata nella regione autonoma dello Xinjiang, nel nord-ovest della Cina. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, i sentimenti secessionisti tra la minoranza uigura sono stati alimentati dalla nascita di stati indipendenti in Asia Centrale. La Cina ha cercato di stabilizzare la regione attraverso politiche di sviluppo economico e sicurezza.
Tuttavia, sono emersi rapporti sul trattamento delle minoranze islamiche, incluso il sistema dei campi di internamento, che ha attirato l’attenzione internazionale. L’iniziativa della Belt & Road, conosciuta come “Nuova Via della Seta”, ha ulteriormente accresciuto l’importanza strategica dello Xinjiang per la Cina, grazie ai cinque corridoi economici del progetto che attraversano il paese. Le politiche cinesi nello Xinjiang sono state caratterizzate da una combinazione di repressione militare e sviluppo economico. I governi cinesi successivi hanno utilizzato campagne di “strike hard” e la strategia di “rieducazione attraverso il lavoro” per affrontare il separatismo e l’estremismo religioso. Nel 2020, il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Mike Pompeo, ha definito le politiche in corso nello Xinjiang come un “genocidio”. L’Unione europea ha espresso preoccupazione per la situazione e alcuni paesi hanno inviato lettere di condanna al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. La comunità internazionale si è divisa sulla questione uigura. Alcuni paesi, tra cui Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone e Regno Unito, hanno condannato il trattamento delle minoranze nello Xinjiang. Altri paesi, come Arabia Saudita, Egitto, Russia e Pakistan, hanno sostenuto le politiche cinesi a causa dei forti interessi economici e politici presenti con la Cina.
Pechino, per rispondere alle numerose accuse, ha giustificato le proprie azioni come funzionali al contenimento e al contrasto del terrorismo uiguro. I risvolti attuali della questione uigura traggono le loro radici dalla dissoluzione dell’Urss e dalla conseguente istituzione delle Repubbliche del Kazakistan, Kirghizistan e Tajikistan, ubicate lungo i confini dello Xinjiang. La nascita di Stati indipendenti ha contribuito a ravvivare le istanze secessioniste degli uiguri cinesi, i quali sono entrati in contatto con altri esponenti del loro gruppo etnico localizzati in Kazakistan e Kirghizistan. I timori per la diffusione di un “ideale panturco” ha spinto il Dragone ad inasprire le misure di contrasto nei confronti dei movimenti separatisti dello Xinjiang. Dopo l’11 settembre 2001, Pechino ha inquadrato la propria lotta al secessionismo nella cornice più ampia della guerra globale al terrore, etichettando i ribelli uiguri come “terroristi”. Per tale motivazione, nel Paese asiatico, il concetto di terrorismo si combina con quello di estremismo e separatismo. In questo panorama, tra i gruppi più influenti che occorre menzionare risulta senz’altro l’Eastern
Turkestan Islamic Movement , considerato dal governo cinese una minaccia sostanziale alla propria sicurezza nazionale.
L’ETIM è un’organizzazione islamica composta da militanti uiguri provenienti dallo Xinjiang, le cui origini risalgono agli anni ’40. Il suo obiettivo specifico è quello di separare la comunità uigura dalla Cina attraverso l’istituzione di uno Stato indipendente, denominato “East Turkestan”. Verso la fine degli anni ’80, e in particolare nel corso dei ’90, l’ETIM è divenuto più attivo da un punto di vista operativo, attirando su di sé l’attenzione della comunità internazionale.
Sopravvissuta a un Gulag cinese: la prima testimonianza di una donna uigura
Tutto è cominciato una mattina del novembre 2016. Gulbahar Haitiwaji vive in Francia da dieci anni quando riceve una telefonata dalla compagnia petrolifera cinese per cui ha lavorato fino al momento dell’espatrio: deve tornare immediatamente a Karamay, in Cina, per sbrigare alcune pratiche amministrative.
Per quasi tre anni Haitiwaji è stata privata della libertà, ha subìto violenze, centinaia di ore di interrogatori, fame, freddo, torture, sterilizzazione forzata e dodici ore al giorno di propaganda cinese. Inghiottita in un sistema spietato che vuole “rieducare” per curare “l’infezione” dell’estremismo religioso. È stata salvata grazie alle disperate trattative della figlia e all’intercessione delle autorità francesi.
Il ricordo di Haitiwaji si concentra soprattutto sul processo di disumanizzazione a cui sono sottoposti i detenuti. In ogni struttura viene assegnata un’uniforme, i capelli vengono rasati, i prigionieri vengono costretti a usare secchi per i propri bisogni e lavarsi o cambiarsi i vestiti è un privilegio concesso solo di rado. “Nel momento in cui infili l’immonda tuta e le pantofole di stoffa nera diventi una detenuta identica a tutte le altre. Da quell’istante non ti chiamano più col tuo nome, ma con il numero di matricola. La tua anima si diluisce. Nel campo di rieducazione e in prigione, la sottomissione annulla i nostri gusti, le nostre passioni.”
CAMPI DI CONCENTRAMENTO CINA - Parla una testimone
Questa donna musulmana racconta l'esperienza vissuta durante la sua prigionia nei campi di concentramento cinesi. La Cina sta mettendo nei campi di detenzione la minoranza etnica degli uiguri per costringerli ad abbandonare la loro cultura, le loro tradizioni, e sopratutto la loro RELIGIONE!
Medici Senza Frontiere
Oltre a molti Paesi, ha condannato il comportamento cinese anche il fondatore di Medici senza frontiere Bernard Kouchner, che ha recentemente firmato un appello per chiedere all’Europa e alla comunità internazionale di fare pressioni sul governo di Pechino affinché metta fine all’oppressione che sta avvenendo in Cina ai danni degli Uiguri.
Inoltre, la presenza di Medici senza frontiere si è concretizzata anche in Cina. Un esempio ne è la clinica da poco aperta che fornisce trattamenti gratuiti a sieropositivi, e offre una speranza alla povera gente, che prima non era in grado di sostenere gli alti costi dei farmaci contro l’AIDS.
xinjiang
Autori: Jacopo Ferretti, Giovanni Salerno, Sofia Scarabelli, Gianmarco Silingardi
Classe e scuole: 3A Liceo europeo IESS, Reggio Emilia
Insegnanti di riferimento: Federica Marzi