Le città sono solo città: mattoni riposti su mattoni che alla fine creano una casa.
Strisce bianche, dipinte sull’asfalto per guidare centinaia di macchine, che le seguono fedelmente, silenti, se non per starnazzare tra loro. Alberi piantati solo per prestare la loro ombra alle panchine.
Una bolla di smog e fumo le ricopre, dando inizio al più antico processo naturale, creando un ecosistema. Giganti di cemento e vetro che si inseguono a raggiungere il cielo come a volerlo toccare, per poi superarlo solo.
I pennuti diventano i vigilanti ignari di una palla di cristallo che, se solo volesse, potrebbe svelare i segreti di ognuno, ma che per pigrizia non lo fa. Vernice, c’è puzza di vernice da giorni, o anni.
L’aria è statica, immobile, troppo immobile, non c’è un filo di vento che faccia andare via ‘sto puzzo.
La gente sospira, no, ansima; i loro passi rimbombano sui marciapiedi.
I ragazzini sghignazzano; gli adulti sbuffano; i bambini piangono. Così è, e così sempre sarà.
È una scena pietosa: un ammasso di corpi che si rincorrono, seppur ignorandosi; le loro membra si intrecciano nella più orribile delle danze; le ossa scricchiolano e le voci si insinuano in orecchie che non vogliono ascoltare.
Gli anziani si siedono per riposarsi e ripensare ad un passato che non è mai esistito; i giovani si mangiano a vicenda, terrorizzati dal doversi separare, ma anche dal dover rimanere per un solo minuto di più insieme.
Qualcuno ha calciato un sasso: rotola, passa in mezzo a scarpe finché altrettante non lo fermano.
È una gara. Lo stesso piede lo calcia di nuovo, dentro di sé spera di poterlo calciare tanto forte da farlo volare, finché solo Dio potrà fermarlo, ma il sasso si ferma sul ciglio di un muro. Che scena pietosa.
Gli occhi sfuggono gli uni dagli altri, per un ansia sociale che loro stessi si sono inculcati, guizzano come scanditi da un pendolo, senza trovare pace.
Le campane rintoccano, il loro riverbero si sente fin nelle budella.
È mezzogiorno, o forse le cinque; per quel che frega potrebbero essere anche le dieci e diciassette.
È tutto così miserabile: le unghie sporche che battono insistentemente sul vetro di un cellulare che le collega ad un mondo fasullo e ingannatore. Gambe che si aggrovigliano per paura che qualcuno le separi.
La gente è miserabile. L’uomo è miserabile, e in quanto tale continuerà a nuotare dentro il lago che lui stesso si è creato, in cerca di un’uscita, o nel solo tentativo di non affogare.
Di Marta Languasco
classe 3° G , indirizzo Arti Figurative. Liceo Artistico Adolfo Venturi di Modena
Insegnante di riferimento Tiziana Natilla
Descrizione sintetica dell’iniziativa:
L’evento nasce all’interno dei progetti di MSF per la scuola e in continuità alla ricorrenza del 50° anniversario dalla fondazione di MSF (1971-2021). In questa attività di coinvolgimento degli alunni dell’Istituto d’Arte Venturi sotto il tutoraggio dell’insegnante, attraverso incontri con Operatori Umanitari di MSF e Professionisti esterni, si stimoleranno gli studenti ad affrontare il tema del Diritto Internazionale Umanitario attraverso chi da 50 anni si adopera a portare soccorso Medico Umanitario dove non c’è. Utilizzando le tecniche comunicative dell’arte si cercherà di valorizzare questo concetto, privilegiando i valori di Umanità, Imparzialità e Neutralità, accompagnando i ragazzi nella propria emotività a produrre gli elaborati oggetto dell’esposizione finale. Interessante sarà leggere e contemplare questo Tema visto ed interpretato dai ragazzi non ancora contaminati dal fare e pensare degli adulti. Nella giornata di inaugurazione i Volontari MSF del gruppo di Bologna con la presenza di Op.Umanitari di MSF presenteranno il Libro “Le Ferite”