Li usiamo a lavoro, a scuola, nella nostra vita privata: ormai gli apparecchi elettronici sono diventati una parte di noi. Non tutti però conoscono il durissimo lavoro che c’è dietro la realizzazione di questi piccoli scrigni digitali.
Una delle materie prevalenti all’interno di questi strumenti è sicuramente il coltan: un minerale nero metallico e radioattivo formato al 50% da columbite e al 50% da tantalite. Le miniere più ricche per quello che ad oggi è diventato un elemento indispensabile, ma anche abbastanza raro, si trovano soprattutto in Australia, e nella Repubblica Democratica del Congo. La sua estrazione non è particolarmente complicata poiché, essendo questo un minerale di superficie, non occorre scavare tunnel molto profondi nel terreno per recuperarlo: l’unico mezzo necessario per reperirlo sono le mani. Il coltan non è solamente usato nell’industria elettronica, ma anche in quelle elettronica-automobilistica e aerospaziale.
Questo minerale in Congo costituisce dal 60% all’80% delle risorse mondiali, istituendo le basi dell’economia dell’ Ex Zaire. La maggior parte della popolazione congolese partecipa agli scavi per la scoperta del “nuovo oro” seguendo uno schema ben preciso e dettagliato.
Il processo di ricerca della prestigiosa pietra comincia con l’ ottenimento di nuove reclute (30-40 persone riunite in clan) associate a diversi ruoli, assegnati in base al sesso e all’età.
Gli uomini si occupano dell’estrazione delle pietre per mezzo di vanghe e le donne e i bambini, invece, le lavano a mano per poi trasportarle e venderle ad acquirenti locali, i quali li cederanno a compagnie estere più limitrofe, che risiedono in Cina o in Malesia che lavorano il minerale. Lo step finale è la vendita alle industrie produttrici di batterie le quali, infine, cederanno il minerale a brand internazionali il cui compito sarà assemblarlo negli smartphone per poi confezionare i prodotti finiti per la vendita al dettaglio.
Il mercato di questo particolare minerale è sempre stato altamente instabile. Teoricamente il prezzo del coltan viene istituito in base alla percentuale di tantalite richiesta, ma ultimamente questo varia a seconda delle difficoltà economiche. Basti pensare che nel 1998 il costo era di 2 dollari al kg, mentre, nonostante la stessa quantità, nel 2004 questo ne arrivò a costare 600.
Nel 2000 con l’uscita di Sony PlayStation 2 si registrava una corsa all’oro nero, la domanda di tantalio aumentò facendo oscillare i prezzi del coltan da 35 dollari a libbra fino a quasi 400 dollari, mentre ai lavoratori nelle miniere veniva pagato 0,18 centesimi al chilo. si erano rifiutati di vendere 25 sacche di coltan alle milizie rwandesi.
Le risorse congolesi non rendono grandi guadagni allo Stato a causa del contrabbando a grande scala, per questo il minerale viene venduto a differenti aziende straniere determinando l’ infittirsi di numerose reti illegali. Costretti fra i numerosi compiti fra i quali anche a camminare per più di due giorni nella foresta con trenta chili sulle spalle, le condizioni dei lavoratori delle miniere sono davvero pessime, ma, nonostante questo, quasi nessuno conosce veramente quello che sono indotti a subire. Il metodo seguito per la selezione di questi lavoratori o (o piuttosto “schiavi”) è molto semplice e per niente sconveniente per il “Signore della guerra”, il cui ruolo è quello di ricerca e vendita del coltan oltre, ovviamente, al reclutamento di nuovi servitori.
Il “Signore della guerra” (solitamente un ribelle, un poliziotto o un colonnello dell’esercito) incassa una percentuale dei ricavi ottenuti dalla vendita alle industrie elettroniche arricchendosi sulla miseria altrui.
L’unica cosa che deve fare è mandare i suoi scagnozzi a fare razzie, violentare, uccidere e distruggere città adiacenti. A quel punto la gente, disperata ,andrà in cerca di aiuto e protezione rivolgendosi proprio a quel “Signore della guerra” che li assolderà per lavorare sotto di lui senza forzandola a vivere terribilmente.
Sono milioni gli schiavi volontari al servizio di uomini potenti: orfani, bambini analfabeti, condannati da generazioni a lavorare nelle miniere.
Questi minatori «artigianali» dentro la giungla guadagnano 3-4 dollari al giorno. Donne e trasportatori 2 dollari. I bambini anche meno.
Questi lavoratori/schiavi oltre a morire di fatica, se ne vanno anche a causa di malattie comportate dalle radiazioni emesse da questo minerale:
– deterioramento dell’apparato digerente e riduzione della riproduzione di cellule ematiche;
– anomalie genetiche nella prole;
– aumento dei rischi di tumori;
– malattie dell’apparato linfatico;
– compromissione del cuore, vasi sanguigni, cervello e cute.
Tantissimi morti ogni anno, gente malata che non può permettersi cure adeguate: queste sono le condizioni che sono costretti a subire.
L’associazione di Medici Senza Frontiere ha denunciato l’uccisione di centinaia di esseri umani. Regolarmente MSF riporta terribili episodi pubblicandoli sul suo sito, in modo tale da rendere consapevoli e coscienti tutti riguardo le tragiche vicende che accadono nel mondo e che potrebbero essere evitate.
Come se non bastasse, l’8 Giugno 2021 L’ospedale di Boga, nella provincia dell’Ituri, supportato da Medici Senza Frontiere per far fronte all’emergenza Ebola, è stato oggetto di un attacco che ha provocato circa 12 morti, tra cui 10 civili, e la distruzione completa della struttura. Diverse aree sono state bruciate, compresa l’unità di terapia intensiva, mentre la farmacia e lo stock di materiali medici sono stati saccheggiati. Inoltre, era l’ultima struttura sanitaria rimasta nell’area che ha un bacino di utenza di oltre 80.000 persone. Centinaia di bambini malnutriti non avranno più accesso al programma di nutrizione terapeutica sviluppato da MSF e migliaia di persone non potranno più accedere all’assistenza sanitaria.
Le équipe di MSF sono sconvolte dall’entità dei danni che questa struttura sanitaria ha subito. Tra il 2017 e il 2020, in risposta all’enorme mancanza di servizi medici in questo distretto sanitario, MSF aveva coordinato i lavori di costruzione di questo ospedale.“In poche ore hanno bruciato tutto, nonostante avessimo più volte rivendicato con forza quanto questa struttura fosse importante per gli abitanti della regione”, testimonia Frédéric Lai Manantsoa, capo missione di MSF in RDC.
Negli ultimi mesi, MSF aveva ripetutamente lanciato l’allarme per le condizioni di insicurezza nella regione, a cui va aggiunto l’aumento del livello di malnutrizione infantile e dei casi di violenza sessuale, che costringono le donne a non lavorare più nei campi.
Oltre alle vittime umane, le stesse operazioni di ricerca ed estrazione del Coltan hanno provocato in Congo gravi danni ambientali all’interno di riserve e parchi nazionali.
Per evitare lo sfruttamento di adulti e bambini adoperati negli scavi per la ricerca del coltan è possibile acquistare cellulari assemblati senza l’utilizzo del minerale da aziende a regola.
Questo è il caso del FairPhone: smartphone equo, solidale e di alta qualità prodotto da una piccola azienda olandese dal 2010 la quale, oltre ad essere certa che l’estrazione dei minerali impiegati sia a norma, usufruisce anche di alcune parti di cellulari usati per dar vita a dei nuovi.
“Sappiamo che gli stessi minerali sono reperibili altrove, in Europa ad esempio, ma abbiamo deciso di incoraggiare il miglioramento delle condizioni di lavoro laddove ce n’è più bisogno”, afferma Tessa Wernink: portavoce dell’azienda.
Anche Louis Michel, Co-presidente dell’Assemblea e deputato liberale, ha fatto appello all’Unione Europea per istituire una legge che proibisca l’acquisto di questi minerali estratti illegalmente o provenienti da aree di conflitto, seguendo l’esempio degli Stati Uniti.
Le grandi aziende europee hanno però subito rifiutato la proposta che le forzerebbe a dichiarare al governo congolese le somme pagate per il diritto di sfruttare le miniere, il gas e il petrolio.
“Parallelamente, servono azioni da parte del governo congolese, per il controllo dei giacimenti e per passare a una seconda fase dello sviluppo di questo paese”, ha affermato il parlamentare belga.
Gli ha fatto eco il Ministro congolese Christophe Kaninio, invocando la necessità che i paesi africani si impegnino a rispettare il processo di Kimberley, un’iniziativa che coinvolge le imprese e i governi di 75 paesi e mira a eliminare il traffico dei “minerali maledetti'”, imponendo requisiti stringenti di certificazione e tracciabilità.
Ma il mondo in continua innovazione per una società piegata al consumismo a nostro parere non ha ben chiaro il prezzo che si continua a pagare per la guerra più accesa nel cuore dell’Africa. In questo modo ci allontaniamo dall’idea di civiltà e di umanità nuova, garantendo alla storia le prossime vittime intrappolate nelle guerre per il progresso, ovvero la schiavitù moderna.
Di fronte a tutto questo, ci uniamo all’appello di MSF a tutti gli altri attori umanitari nella RDC ad agire e rafforzare i servizi di protezione per la popolazione che soffre in silenzio da troppo tempo.
di Ambra Alfano, Ginevra Lomolino, Antonino Muratore, I.C.S. "G.Marconi" Palermo, classe IIB