Ognuno di noi è consapevole che in lungo e in largo nel nostro pianeta le situazioni non siano tutte rose e fiori: milioni di persone sono costrette a lasciare i loro cari, le loro abitazioni, i loro affetti per gravissime situazioni, quasi inimmaginabili da persone come noi.

Guerre e violenze come in Siria, in Iraq, in Afghanistan, e in Somalia, instabilità politiche e militari, regimi dittatoriali oppressivi e situazioni di estrema povertà (come in Senegal, Costa d’Avorio, Tunisia). Le situazioni più drammatiche appaiono registrate per lo più nel sud del mondo e del Medio Oriente, come in Siria, dove le guerre continuano ormai da diversi anni. Ma sapete qual è la cosa più allarmante? Buona parte della percentuale di quei milioni di persone, è costituita da bambini.
Proviamo a mettere in azione la nostra mente e a focalizzarci su questa scena: immaginiamo di essere al posto di uno di quei bambini, di essere trascinato fuori di casa e di sentirsi dire che nel giro di poco quella non sarà più la sua casa, di lasciare tutto com’era, abbandonare oggetti personali, ma ancora peggio, le persone più care, con nessuna speranza di poterle rivedere. Milioni di passi verso una meta ignota e verso una luce che a malapena si intravede.
“Ora faremo un gioco, e tu mi devi promettere che seguirai tutte le mie indicazioni, hai sentito bene? Se ti dico di nasconderti ti nascondi, ok? E se ti dico di correre, tu corri, va bene?” mi immagino più o meno così una scena prima della fuga. Pensare a quante persone vivono in queste condizioni, tra guerre e persecuzioni, mentre le nostre preoccupazioni sono quale camicia abbinare ai pantaloni per andare a scuola o al lavoro.
Se si riflette, sempre più di frequente sono proprio le persone che non indossano una divisa o non fanno parte di un esercito, a pagare il prezzo più alto delle guerre che nemmeno combattono, ma di cui sono costretti a scappare.

 

Dati
Almeno 100 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case negli ultimi dieci anni, in cerca di sicurezza all’interno o, soprattutto, al di fuori dei propri Paesi. Pensate che, si tratta di un numero di persone maggiore di quello dell’intera popolazione dell’Egitto, il 14° Paese più popolato al mondo. Complessivamente, oltre i due terzi di tutti i rifugiati nel mondo, provengono da soli cinque paesi in particolare: Repubblica araba siriana (6,7 milioni) Afghanistan (2.7 milioni) Sudan del Sud (2,3 milioni) Myanmar (1,1 milioni) Somalia (0,9 milioni).
“Il viaggio è stato organizzato da uomini armati… a bordo non avevamo né acqua né cibo. Siamo rimasti in mare per tre giorni prima di essere soccorsi vicino alla costa siciliana. Tutto quello che voglio è un posto sicuro per la mia famiglia. Molti siriani sono intrappolati all’inferno: tra una battaglia e l’altra, senza dottori e senza cibo.”
In molti casi non è presente una motivazione unica che porta a considerare criticamente alcune categorie analitiche solitamente utilizzate dalla sociologia delle migrazioni come se fossero esclusive (migrante economico, profugo, ecc…). Ma è il caso di ricordare che tali etichette corrispondano a definizioni giuridiche e amministrative create dalle società e da esse deriva la possibilità di soggiornare in un paese o di ottenere il riconoscimento della protezione internazionale.
La figura del rifugiato è innanzitutto associata a colui che scappa da un conflitto armato o da una guerra civile. In effetti, la prima categoria e motivazione di partenza dal paese di origine e di successiva richiesta di protezione è proprio rappresentata dalla guerra.
Nella seconda categoria invece, si fa riferimento a motivazioni di tipo religioso (16,8%) che interessano contesti geografici molto diversi tra loro (Afghanistan, Pakistan, Cina, Nigeria e altri paesi). Nello specifico, si menzionano episodi di violenza da parte di gruppi talebani o altre fazioni religiose integraliste, sanguinosi scontri tra cristiani e musulmani.
La terza categoria riguarda i “gravi contrasti familiari” (14,7%) ed è sicuramente la più problematica poiché presa a sé e slegata dal contesto, potrebbe non costituire una ragione valida per il riconoscimento della protezione internazionale. È questo il caso di alcuni stranieri non accompagnati e di altri intervistati che hanno ricevuto un “rifiuto” e sono ricorrenti al momento della rilevazione, i quali dichiarano di essere fuggiti principalmente a causa dei maltrattamenti e delle violenze subite all’interno del contesto famigliare (in famiglia)
Un’ulteriore categoria è stata denominata “violenze, persecuzioni, attentati subiti” (13,2%). Non si tratta ovviamente di una classe esclusiva perché l’elemento della violenza, in tutte le sue declinazioni, è costante nelle storie analizzate.
I casi appaiono più specificamente centrati sul “fondato timore” di persecuzione. Difatti, da un lato vi sono coloro che sostengono di essere fuggiti a causa del clima di insicurezza del proprio paese, che li esponeva al rischio costante di subire violenze e vessazioni (3,6% delle risposte), dall’altro tale rischio è direttamente collegato alla presenza di un regime dittatoriale (9,1%), che schiaccia la libertà individuale e sopprime ogni forma di dissenso.
È aumentata la considerazione verso tutte quelle forme di violenza di genere che trovano spesso fondamento in tradizioni o precetti culturali arcaici, tra cui la pratica dei matrimoni forzati, diffusa in molti paesi anche quando sarebbe formalmente vietata dalla legge. Si tratta in realtà di un tema molto complesso da affrontare poiché mette direttamente in causa il ruolo delle famiglie e il senso di appartenenza alla propria comunità; e se nel caso delle cosiddette “spose bambine”, troppo immature per esprimere liberamente il consenso, si configura una situazione di coercizione, nel caso in cui siano coinvolte persone più adulte non è sempre facile valutare la gravità delle pressioni subite dai familiari (1,5%).

Informazioni
Si sente molto parlare ultimamente di migranti, profughi… ma soprattutto di rifugiati. Si chiamano “rifugiati” coloro “che temendo di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trovano fuori del Paese di cui sono cittadini e non possono, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; in poche parole, non sono persone che semplicemente si spostano di villaggio in villaggio, ma addirittura si allontanano di paese o continente, perché non possono, anzi, non vogliono tornarvi per timore e perché risulta troppo pericoloso”.
Per quanto riguarda i migranti sono quelle persone che entrano in un Paese senza un regolare controllo alla frontiera oppure che sono arrivate regolarmente ma con documenti non validi. Sono varie le cause di migrazione: la maggior parte per fuggire dalla guerra o per ricercare un paese con migliori possibilità economiche o ambientali.
Mentre con il termine “profughi” si intendono tutte quelle persone che scappano per ragioni di sopravvivenza, solitamente legate a guerre e conflitti del paese di origine.
Le rotte percorse a livello globale, la maggioranza delle persone costrette alla fuga resta nella prima zona sicura vicino a casa, mentre altre, una minoranza, cercano asilo e protezione anche in zone più lontane. La mancanza di canali umanitari porta poi la maggior parte delle persone in fuga a ricorrere ai “servizi” delle organizzazioni criminali di trafficanti che stabiliscono i prezzi, le condizioni e le rotte dei viaggi. -Secondo IOM e Frontex, attualmente sono 8 le rotte più usate dai trafficanti verso l’Europa, concentrate quasi tutte nel Mediterraneo. –

Negli anni precedenti, diversi paesi della sponda orientale e meridionale del Mediterraneo avevano un ruolo importante sia come zone di transito, sia come luoghi d’imbarco (Marocco, Algeria, Tunisia e Mauritania). I migranti di provenienza sub-sahariana che sceglievano la rotta dell’Africa occidentale arrivavano in Marocco passando attraverso il Niger, l’Algeria e da qui si imbarcavano presso l’isola di Fuerteventura o raggiungevano direttamente la Spagna attraverso Ceuta e Melilla; quelli provenienti dal Corno d’Africa, dall’Asia centrale e dalla stessa area medio-orientale passavano attraverso la Tunisia (poi sostituita quasi completamente dalla Libia). Per quanto riguarda i beneficiari intervistati, le tratte maggiormente percorse per raggiungere l’Italia sono quelle del Mediterraneo centrale e la rotta balcanica. I luoghi principali di snodo risultano essere nel primo caso il Niger e la Libia, nel secondo la Turchia.

Storie
M, 19 anni, Siria, i miei familiari ora si trovano in una località ad Est che si chiama Bakka, a settanta chilometri circa da dove stavamo prima. Ad un certo punto sono iniziati i bombardamenti e la guerra e siamo scappati a Bakka. Lì è come un campo profughi. La gente si è arrangiata in strada. Poi però io sono scappato anche da lì. La prima volta che sono arrivati quelli dell’Isis nel mio villaggio, hanno iniziato a bombardare con gli aerei, quindi siamo scappati a settanta chilometri. Mio padre mi ha detto: “Tu sei giovane, io sto male e anche se muoio ormai…ma tu cerca di uscire da qui così almeno puoi aiutare i tuoi fratelli”. E io l’ho fatto.
M, 36 anni, Pakistan, sono musulmano sciita, che è una minoranza nel mio paese e sono stato preso di mira da un gruppo sunnita. Una notte di gennaio 2012 la casa è stata attaccata da un gruppo di persone armate durante una festività religiosa sciita (Majles-e-aza). Durante gli scontri ho anche riportato delle cicatrici fatte con il coltello sul viso e ho perso la funzionalità di un dito.
M, 18 anni, Gambia, ho deciso di lasciare il mio paese perché vivevo una situazione particolarmente dolorosa: nonostante lavorassi per aiutare la famiglia con cui vivevo, la seconda moglie di mio padre aveva un comportamento differenziato nei miei confronti rispetto ai miei fratelli tanto che a volte si rifiutava di darmi da mangiare. Non riuscivo più a subire queste discriminazioni e a sostenere le continue conflittualità che si creavano in casa.

Pensieri
Credo che tutti noi dovremmo avere la possibilità di vivere una vita dignitosa e libera.
Dovremmo sentirci molto fortunati di vivere in un Paese come l’Italia poiché siamo ricchi di libertà: di pensiero, di istruzione e di cultura. Spesso ci si lamenta delle proprie condizioni, senza riflettere bene su come in realtà di situazioni ben diverse e soprattutto gravi, ne sia ormai pieno il mondo
Esistono varie associazioni di volontariato che aiutano/sostengono le persone che vivono in queste situazioni drammatiche e sarebbe giusto che ci fosse una “parità” tra tutti i paesi
Una maggiore collaborazione tra i paesi potrebbe risultare una soluzione vantaggiosa per entrambi.

di Cristina, Valentina, Lorenzo, Adelina e Aurora

Fonti:

  • https://www.popolis.it/popolazioni-in-fuga-una-sfida-umanitaria/
  • https://www.unhcr.org/it/notizie-storie/comunicati-stampa/l1-per-cento-della-popolazione-mondiale-e-in-fuga-secondo-il-rapporto-annuale-dellunhcr-global-trends/
  • https://www.medicisenzafrontiere.it/cosa-facciamo/popolazioni-in-fuga/
  • https://www.openpolis.it/parole/che-cosa-sintende-per-migranti-irregolari-richiedenti-asilo-o-rifugiati/