Il 25 marzo 2015 è scoppiato in Medio Oriente un conflitto di proporzioni catastrofiche che troppo sovente è stato vittima della non curanza dei servizi di informazione internazionali.
Lo scontro sanguinario vede protagonisti la popolazione yemenita, controllata dalle forze dello Stato Islamico (ISIS) e di Al-Quida, contro lo schieramento degli arabi sunniti guidati dall’Arabia Saudita, seguito da Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Emirati Arabi, Bahrain, Quatar e Kuwait.
A dare sostegno militare vi sono anche gli Stati Uniti e un forte ma indiretto supporto da parte dell’Iran, che fomenta una violenza di natura politica, religiosa e diplomatica.
La situazione già tragica, che ha causato oltre 100.000 morti, è oltremodo aggravata dalla fame e dalla malnutrizione di cui soffrono circa 8,5 milioni di yemeniti e da malattie come il colera, che vengono utilizzate come vere e proprie armi d’assedio, in quanto l’Arabia Saudita non lascia aprire corridoi umanitari per il passaggio di cibo e medicinali: in Yemen, lo stato più povero del mondo arabo, si parla di almeno 500.000 persone contagiate.
L’equipe di Medici Senza Frontiere, prima di lasciare il territorio nell’agosto del 2016, ha fornito direttamente assistenza sanitaria in 12 ospedali e in almeno oltre 18 strutture, curando più di 32.900 pazienti e perdendo, purtroppo, 27 collaboratori nei bombardamenti.
Nonostante ciò, il programma in Yemen rimane uno dei più importanti al mondo a livello di personale coinvolto.
Una delle aggravanti peggiori è tuttavia il coinvolgimento silenzioso dell’Italia nel conflitto: il Bel Paese infatti, ha esportato circa 45 milioni di euro in termini di bombe, munizioni e rifornimenti all’Arabia Saudita per conto della multinazionale tedesca Rheinmetall, che ha commissionato alla piccola azienda di Domusnovas in Sardegna la fabbricazione di bombe aree MK82, MK83 e MK84 insieme ad altri ordigni.
Paradossalmente l’Italia “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” pur essendo al nono posto fra i produttori di armi al mondo, fornendone circa il 2,5% del totale e spendendo l’1,4% del PIL nell’ambito militare (2018).
Viola inoltre il trattato sul commercio delle Armi dell’ONU e la legge italiana 185 del 1990, unendosi così alla nube di ipocrisia e omertà caratteristica delle istituzioni odierne, che non cercano una soluzione al conflitto ma trovano più facile tacere riguardo gli affari e alimentare i propri interessi.
Classe 3^CL del Liceo Linguistico Scipione Maffei
Arianna Dalla Valentina, Eleonora Di Matteo, Elena Manini, Gaia Toffali. A.S. 2018-2019