Siamo tutti capaci di puntare il dito contro gli altri, siamo tutti capaci di difendere con la forza i nostri spazi.
L’uomo quando è chiuso in determinati confini si sente protetto poiché parte integrante di una cultura e di un gruppo. Molte volte questi vengono considerati come muri e non come punti di incontro; ed essenzialmente di confini reali non ne esistono, esistono quelli mentali. Quando i migranti scappano dai conflitti e dalla povertà per cercare speranza e una vita migliore si scontrano con culture differenti ed è proprio nell’incontro con lo sconosciuto che le caratteristiche di uno e dell’altro diventano punto di scontro. L’Italia fin da sempre è stata territorio di conquiste e di passaggio, noi italiani siamo l’insieme di diverse culture che nel tempo si sono alternate, sovrapposte e mescolate. Dunque, in un contesto globalizzato e in un’Italia culturale non possiamo più parlare di un “altro” in modo distinto e radicale, utilizzando un comportamento ostile.
Se guardiamo le statistiche Istat possiamo osservare che la maggior parte degli stranieri arrivati in Italia non hanno origine africana ma sono provenienti dalle zone dei Balcani o dell’est Europa, ma gli originari dell’Africa sono la grande maggioranza degli stranieri extracomunitari. Secondo il ministero degli Interni le nazionalità dichiarate più frequentemente allo sbarco sono Tunisia, Algeria, Bangladesh, Iraq e Guinea. Molte di queste persone fuggendo cercano riparo in posti dove possano sentirsi tutelati. Un richiedente asilo in Italia può accedere a tre forme di protezione internazionale: status di rifugiato, sussidiaria e umanitaria. Le prime due sono regolate dal Decreto legge n. 251 del 2007 (che attua la Direttiva europea n. 83/2004), modificato poi, diversi anni dopo, dal Decreto legislativo n. 18/2014. La terza forma, invece, è un riconoscimento esclusivo delle leggi italiane (regolata dal Decreto legge n. 25/2008) concesso nel caso in cui non vengano riconosciute le altre due forme. Tutti coloro che non ricevono lo status di rifugiato, sono considerati immigrati irregolari e quindi devono tornare al proprio Paese di origine tramite un processo burocratico regolato da fogli di via. Per rimpatriare un emigrato è indispensabile che il Paese d’origine lo riconosca come suo cittadino. Quindi servono accordi tra gli Stati e una collaborazione politica che al più delle volte viene a mancare.
Spesso ad agire sono associazioni e Onlus che si occupano della salvaguardia del profugo come, ad esempio, Medici Senza Frontiere che forniscono assistenza medica, supporto psicologico, vaccinazioni, cibo e acqua potabile ai rifugiati, ai migranti e ai richiedenti asilo in tutto il mondo. Solo tramite la conoscenza dei fatti, e senza farsi manovrare da chi “parla alla pancia del Paese”, è possibile trovare soluzioni di lungo termine a fenomeni complessi e destinati a durare finché ci sarà l’uomo. Ma anche questo tipo di servizio è stato momentaneamente interrotto dal decreto, denominato Decreto Sicurezza, il quale rivede le norme sulla sicurezza e sull’ immigrazione già esistenti. Le modifiche apportate all’ambito della migrazione sono state fatte con l’intento di rendere più difficile la possibilità della richiesta d’asilo e hanno ristabiliti i fondi per i rimpatri.
Le donne e gli uomini delle Organizzazioni non governative sono i veri “pescatori di uomini” i veri samaritani, di questa nostra contemporaneità, di questi nostri tempi così difficili e complicati. Sembrano essere i soli insieme ad alcune istituzioni statali che riescano a fare qualcosa di concreto per essere d’aiuto e di conforto alle grandi masse di migranti che dal sud del mondo si spostano nel cuore della vecchia Europa, in cerca di salvezza, aiuto, cura, conforto, lavoro e futuro. Perché, intanto, gli Stati dell’Unione Europea si ritrovano a discutere su cosa sia meglio fare per fronteggiare questa emergenza che sembra non aver fine (e che certamente durerà ancora per un lungo, lunghissimo tempo).
Si fanno quindi largo gli atteggiamenti dei singoli (intesi come “singole persone” e “singoli Stati”), soprattutto quelli che lusingano ed esaltano le nostre egoistiche e poco solidali pigrizie.
di Gloria Di Pardo, 4 economico-sociale, Madre Mazzarello di Torino