Racconto della storia di Isha e intervista ad una “prof” per capire la bellezza dell’accogliere
Ascoltare le voci di tutti. Adulti e coetanei. Di qualsiasi colore e luogo. Voci arrivate da lontano che si mescolano con le nostre, e voci vicine a noi che ci aiutano a capire. Guardare gli sguardi di uomini, donne, bambini che portano colori, sapori, odori, Storie. Provare a dire che sempre gli esseri umani hanno viaggiato per il mondo. Provare a ricordare a chi dimentica che le culture diverse arricchiscono perché ci mettono a contatto con mondi nuovi, lontani e sconosciuti, fatti di modi di vivere e tradizioni differenti dalla nostra. In tante circostanze mi sono convinta di questo, soprattutto nei momenti in cui ho avuto modo di conoscere ragazzi e ragazze che provengono da altri Paesi del mondo e che sono nella mia scuola. Fra questi, è Isha, una ragazzina di dodici anni che viveva in Bangladesh e che si è trasferita a Palermo quando era una bambina. Isha ha capelli lunghi e occhi scuri, uno sguardo timido e dei modi gentili, ancora non parla bene la nostra lingua e quando ci incontriamo per parlare della sua storia è un po’ emozionata ma ha voglia di raccontarsi. Isha mi dice che all’età di nove anni, dopo essere tornata da scuola, sua madre, così, all’improvviso, le ha tagliato i capelli. Lei non aveva capito il perché ma i suoi genitori le hanno poi dato la notizia che si sarebbero trasferiti in Italia. Quel gesto ha significato un cambiamento radicale. Isha non è molto felice di questo, ha paura naturalmente: un posto lontano, dove si parla una lingua diversa, dove non ci sono amici, abbandonando quella che era stata la tua vita fino ad allora. Invece, la sorpresa. Appena arriva, Isha si trova subito bene e, infatti, mi dice: “Sono molto felice di essere venuta qui”. L’Italia a lei piace molto anche se le mancano i grandi spazi che c’erano in Bangladesh. Mentre racconta, provo a immaginarli quegli spazi immensi che posso conoscere solo dalla sua voce. Isha frequenta un corso di italiano e vuole imparare parole nuove per potersi esprimere meglio. Mi sento molto fortunata ad averla come amica. Mi ha fatto viaggiare con l’immaginazione nel paese in cui viveva, un mondo per me lontano e sconosciuto, mi ha fatto venire la voglia di vederli un giorno quei luoghi.
E poi, c’è la voce degli adulti, dei professori per esempio, con i quali spesso ci confrontiamo per capire cosa accade nel mondo, per avere qualche certezza e rassicurazione. Non è possibile per i docenti, ci dicono sempre, ignorare fatti importanti che accadono davanti a noi. Così è nato l’incontro con la professoressa di Francese, Maria Guagliardito, che ci ha raccontato della sua partecipazione ad una manifestazione che si è svolta davanti al porto di Palermo a sostegno dei profughi che si trovavano sulla nave Diciotti a Catania, manifestazione che era anche un modo per protestare contro la chiusura dei porti ai migranti. Abbiamo intervistato la nostra insegnante che ci ha parlato anche della vicenda della nave Diciotti.
Cosa ne pensa lei dei migranti?
“Io credo che la condizione del migrante sia potenzialmente quella di qualsiasi cittadino che spinto dal bisogno di conoscenza decide di trasferirsi altrove, rispetto al posto in cui è nato. Perché, Io non credo nei confini, io mi sento cittadina del mondo, i confini politici li abbiamo inventati noi con le guerre. Ecco perché penso che i migranti siano persone normalissime. Certo, tra i migranti, ci sono tantissime persone che hanno sofferto per lungo tempo, sono fuggiti da situazioni terribili, e hanno viaggiato e affrontato il mare in condizioni disumane e di estremo pericolo, spesso intere famiglie con bambini e donne in procinto di partorire. In questo caso è più corretto parlare di profughi. Nel caso dei profughi provenienti dall’Africa, ad esempio, spesso rimangono prigionieri nei campi libici e subiscono le peggiori torture. È inaccettabile che una volta arrivati in Italia debbano sentirsi rifiutati. C’è una legge del mare che impone il soccorso a chi si trova in difficoltà sulla propria imbarcazione. Non si può rifiutare mai una richiesta di aiuto”.
Secondo lei, come si sono sentiti quei profughi dentro quella nave?
“Sicuramente si saranno sentiti rifiutati e increduli. Terrorizzati all’idea di dover tornare indietro in quei luoghi di orrore da cui sono fuggiti.
La manifestazione a Palermo com’è stata?
“La manifestazione è stata commovente; c’era il sindaco di Palermo e tanti cittadini palermitani che non dimenticano che la nostra è la città dell’accoglienza da quando esiste Palermo e l’hanno gridato a gran voce, manifestando con tanti striscioni. Ho anche tantissimi amici che sono stati al porto di Catania, davanti alla nave Diciotti e altri ancora, sempre amici miei, che sono saliti sulla nave per far sentire ai migranti la nostra vicinanza. Questi ultimi sono uomini politici che si trovano in Parlamento e che sostengono i valori della solidarietà, dell’accoglienza e dell’aiuto a chi è in difficoltà.
Cosa le ha lasciato questa esperienza e il racconto dei suoi amici?
“Devo ammettere che mi sono emozionata e commossa parecchie volte, ma mi sono sentita felice, felice di poter manifestare le mie idee, felice di sapere che c’è molta gente che crede ancora nell’umanità e che non bada al colore della pelle, felice di vedere quei volti pure loro felici in tv quando sono scesi dalla nave e solo allora hanno capito che finiva per loro l’incubo della schiavitù e l’inizio della libertà. Perché qualsiasi situazione troveranno in Europa, anche se precaria, non sarà mai come l’inferno che si sono lasciati alle spalle.”
di Irene, Nadia, Virginia, classe II H, I.C.S. “A. Ugo”, Palermo