Nel mondo, una donna su tre conosce da vicino la violenza.
In Africa, questo avviene soprattutto per la scarsa considerazione nei confronti della donna.
Basta pensare al Congo, che viene definito tristemente la “capitale mondiale degli stupri”.
Qui, addirittura, quella dello “stupro di gruppo” viene ormai considerata come una tradizione.
Le testimonianze sono numerose, come a Bukavu, nel giugno del 2016, dove vennero denunciati innumerevoli casi di ragazze, anche giovanissime, che, prelevate nella notte dalle proprie abitazioni da gruppi di stupratori, venivano violentate nel bosco e abbandonate.
La soglia che separa uno stupro dalla normalità è quasi inesistente, e questo rende la riprovevole azione – quasi – ‘dovuta’ all’uomo per la sua posizione superiore nella società.
Nel suddetto continente la donna acquista un ruolo primitivo e, sottomessa, non ha valore rilevante nelle decisioni relative al nucleo familiare o alla collettività della tribù/villaggio come invece ha una donna occidentale, che lavora ed è sullo stesso piano sociale del marito/uomo.
Ciò non toglie che anche in Europa questo fenomeno sia ben attestato. Esso è presente, ma in una percentuale inferiore al 10%. I servizi rendono, però, più facile per una donna combattere il trauma e riuscire ad uscirne.
Le vittime risentono infatti di ripercussioni fisiche, ma anche psicologiche. La differenza più grande tra i continenti maggiormente sviluppati e quelli non riguarda l’aiuto sanitario. L’assistenza medica è fondamentale.
Peccato che lì sia quasi inesistente e non ci sia nessuno che possa aiutarle. Ciò che hanno vissuto, la rabbia, la paura, il disgusto e l’orrore, rimarrà nel loro profondo e ne soffriranno sempre.
Ma lo stupro non è l’unico problema delle donne africane: c’è anche la mutilazione dell’apparato genitale femminile.
Esso consiste nel restringimento dell’orifizio vaginale o nella rimozione di una parte di essa.
Questo fenomeno lede i diritti di tutte le ragazze e donne africane.
Ma perché lo fanno?
In Africa vige una tradizione che proviene dall’influenza culturale islamica del territorio. E’ infatti un rito a cui la donna non può sottrarsi con lo scopo è renderla più fertile e – quindi – riuscire ad avere più figli.
Cecilia Grasso
Lorenzo Zanasi
Rebecca Zanoli
Scuola Secondaria I grado Lanfranco – Modena