La situazione sembrava peggiorare, ma dopo quattordici giorni di coma, Stefan Everts, il famoso motociclista, è riuscito a combattere e a vincere contro la malaria.

In un’intervista del “Corriere dello Sport”, Everts afferma che il virus ha attaccato i suoi organi e che senza l’aiuto delle cure che hanno portato il sangue “pulito” al cuore non sarebbe riuscito a sopravvivere.
La malaria è, infatti, una malattia infettiva che provoca la mancanza di globuli rossi nel sangue, oltre che alta febbre e grande debolezza.
Negli ultimi anni i casi nelle zone infette sono lievemente diminuiti grazie alle maggiori attenzioni e ai fondi inviati, ma comunque rimangono frequenti in zone africane come Etiopia e Tanzania dove, con l’arrivo di molti profughi, le cure diventano meno disponibili. Invece in Niger grazie alla combinazione tra chemio e il trattamento per la malnutrizione, i casi stanno diminuendo. La malattia, però, non è presente solo nelle zone africane ma anche in zone asiatiche come la Cambogia, dove nel 2017 MSF ha lanciato un programma per curare epatite C e malaria.
L’Etiopia sta fronteggiando il problema dal 1998 e principalmente UNICEF e MSF continuano a sostenere e fornire cure.
MSF nel 2015 ha incitato il Fondo Monetario Internazionale a dare maggiore importanza ai fondi per AIDS, malaria e tubercolosi, nella speranza di raggiungere la cifra necessaria ogni anno per curare gli ammalati, ma la richiesta è stata solo parzialmente accolta.
Nonostante questo, alcuni scienziati hanno trovato una possibile strategia per eliminare la malattia, iniettando nelle zanzare maschio un gene per rendere sterili le femmine, cosicché non riescano più a riprodursi. Si stima che nel giro di 5 o 10 anni questo progetto si possa attuare sul campo, anche se si deve procedere con cautela perché si tratta di una manipolazione genetica. In parallelo a questo si sta anche cercando di trovare nuove tipologie di insetticidi in grado di uccidere le zanzare definitivamente. Inoltre, con la cura a base di speciali farmaci come l’artemisina si è riusciti, almeno in parte, a prevenire la trasmissione e il miglioramento dei sintomi.
Malgrado questi progressi dal punto di vista scientifico, rimane sempre la terrificante paura di essere infettati da questa malattia per coloro che vivono nelle zone colpite, dove curarsi è spesso un lusso che molti non possono permettersi.

di Andrea Galbiati, Arianna Romiti, Bianca Brenna, Rida Imad 3°B “Enrico Fermi”, Istituto comprensivo “Carlo Porta” Lurago d’Erba

FONTI:
– Corriere dello Sport del 28/01/2019;
– La Stampa del 25/09/2018;
– Enciclopedia Treccani per ragazzi;
– sito WHO