Idai è il nome dato al ciclone che tra il 4 e il 16 marzo 2019 ha imperversato su alcune regioni dell’Africa australe, esso ha origine da una depressione tropicale formatasi al largo della costa orientale del Mozambico il 4 marzo 2019.

Quasi tutte le strade sono state distrutte , quelle che si sono “salvate” sono state inondate quindi sono difficilmente raggiungibili. , ha detto un funzionario delle Nazioni Unite. I morti accertati sono finora 200 in Mozambico, 98 in Zimbabwe e 56 in Malawi: ma il bilancio è destinato a salire molto, come ha detto il presidente del Mozambico Filipe Nyus. Potrebbe aver fatto oltre mille vittime e aver lasciato dietro di sé almeno 400.000 senzatetto. Al momento, alcune fonti stimano che oltre 1.700.000 persone potrebbero essere state interessate dalle inondazioni e dalle conseguenze dei venti.
La città più colpita è Beira, sulle coste del Mozambico, ma inondazioni spaventose sono stati riscontrate anche nello Zimbabwe e in Malawi. In una dichiarazione rilasciata da un responsabile dalla Croce Rossa, Jamie LeSueur, si legge che “le perdite sono immense e ci si aspetta che il numero delle persone che hanno perso la vita possa aumentare ancora”. Il 14 marzo Idai ha colpito Beira con venti alla velocità di oltre 170 km/h producendo onde alte più di 6 metri. Le piogge ininterrotte, secondo il Servizio Meteorologico del Mozambico, proseguiranno almeno fino al 21 marzo.
Il ciclone nato al largo delle coste africane , lungo il Canale del Mozambico, nel braccio di mare che lo separa dal Madagascar ha viaggiato nell’entroterra per poi uscire di nuovo in mare aperto e ricaricarsi di grandi quantità di acqua. Quindi, il 14 marzo, si è abbattuto su Beira: «Un percorso strano e imprevedibile, ma che non è poi così raro per gli uragani che si formano nel Canale del Mozambico», afferma Corene Matyas. La maggior parte dei cicloni nell’Oceano Indiano sud-occidentale si forma tra ottobre e maggio, con il picco tra gennaio e marzo. Idai, secondo la Nasa, è il settimo ciclone della stagione 2018-2019.
idai è un ciclone tropicale, cioè un uragano che si è sviluppato nell’emisfero meridionale (e che ruota nel senso opposto, rispetto a quelli dell’emisfero settentrionale). I cicloni in Mozambico sono un fenomeno piuttosto raro, e difficilmente raggiungono questa intensità: i venti dei pochi cicloni superano i 200 chilometri orari un paio di volte ogni dieci anni, mentre quelli di Idai hanno raggiunto i 315 chilometri orari nel momento di massima velocità. È un’intensità paragonabile a quella dell’uragano Irma, che colpì la Florida nel 2017, uno dei più violenti degli ultimi vent’anni: ma a differenza di Irma, quando giovedì scorso Idai ha colpito le coste del Mozambico erano passate meno di 24 ore dal momento della sua massima intensità

Le équipe di Medici senza frontiere (Msf) che sta intervenendo per rispondere alla devastazione del ciclone Idai conferma che la situazione è sempre più allarmante. Ne dà notizia l’Ong , organizzazione non governativa, in una nota nella quale si sottolinea che “le piogge intense continuano e nelle prossime ore o giorni, le autorità locali potrebbero essere costrette ad aprire le dighe per evitare che cedano, cosa che comporterebbe ulteriori inondazioni”. “È ormai evidente – evidenzia Msf – che si tratta di una situazione estremamente grave che richiederà una imponente risposta d’emergenza”.
Il team d’urgenza di Msf ha raggiunto Beira e si sta preparando ad affrontare i bisogni delle centinaia di migliaia di persone con interventi specifici in ospedale, anch’esso travolto dl ciclone.
Le priorità sono la ricostruzione della rete idrica ed elettrica, entrambe crollate e distrutte, e rendere accessibili le vie di comunicazione per favorire l’arrivo di viveri dalla campagne , infine costituire alloggi provvisori per una popolazione rimasta senza tetto.
“In questo tipo di emergenze – spiega Federica Nogarotto, direttore di supporto alle operazioni dell’Ong – Msf cerca di intervenire nelle prime 12-24 ore, momento chiave per ridurre al massimo la mortalità”. “Ora ci aspettiamo un picco di malattie respiratorie per le persone più vulnerabili, bambini, anziani e donne incinte”, aggiunge Nogarotto, annunciando che “dovremo raggiungere le aree più remote, rimettere in piedi i centri di salute distrutti, e fare attenzione all’ allerta di colera, perché tutto il sistema acquifero è stato danneggiato e quindi l’acqua non è pulita”.
Oltre all’intervento in Mozambico, Msf ha anche avviato, da due settimane, una risposta d’emergenza in Malawi, dove sono iniziate le alluvioni prima che le tempeste si trasformassero nel ciclone Idai. In Zimbabwe la Ong ha inviato un’équipe d’emergenza nell’area montuosa della provincia di Manicaland, al confine col Mozambico.
E‘ possibile sostenere l’attività della Ong con donazioni dirette al ripristino della rete idrica.

di Francesca Zancla Viola Niceta , I.C.S G. Marconi

Sitografia di riferimento
www.nasa.gov
www.medicisenzafrontiere.it
www.focus.it
www.ansa.it