Il territorio
La Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire, è uno stato dell’Africa Centrale, situato nel Congo, una regione africana suddivisa in due stati: la Repubblica (ex Popolare) del Congo e la Repubblica Democratica del Congo. La RDC si trova sulla linea dell’equatore, occupa un’area di oltre due milioni di km2, la capitale è Kinshasa, ha una popolazione stimata di circa 99 milioni di abitanti ed è suddivisa in 10 regioni e 26 province.
Le violenze
Ci sono Paesi dove, oltre al rischio di contagio di varie malattie, si convive con guerre, conflitti interni, disastri naturali ed ogni altra condizione che comporti un’emergenza sanitaria. Nella Repubblica Democratica del Congo la violenza sessuale e bellica sono in netto aumento, soprattutto i casi di razzie e stupro. Le donne ed i bambini subiscono le conseguenze peggiori: violenze fisiche, il più delle volte sessuali.
Nelle province del nord-est del Paese persiste la presenza di bande armate, di milizie non governative, di ex-militari e di gruppi tribali, i quali effettuano incursioni e razzie con conseguenti massacri di civili. Nelle violenze viene coinvolto anche l’esercito regolare (le Forze Armate della Repubblica del Congo) che, cercando di fermare i gruppi ribelli, causa un aumento degli abusi ed uccisioni.
Quando Joseph Kabila divenne presidente della Repubblica Democratica del Congo nel 2001, la situazione divenne più grave, perché molti gruppi armati con ideali politici differenti si ribellarono. Più precisamente, nel 2003 sono state stuprate oltre 7000 persone e nel 2019 circa 12,8 milioni di persone, si trovavano in uno stato di bisogno umanitario. Da oltre due anni associazioni ed enti come Medici Senza Frontiere si stanno occupando di fornire cure mediche in diversi ospedali e centri sanitari, dando sostegno psicologico alle persone violentate. Le motivazioni per cui i gruppi armati razziano i villaggi e seminano il panico sono molteplici: controllo delle ricchezze naturali, diamanti, coltan, oro, cobalto, rame, niobio, ma anche legni pregiati, vastità di terre coltivabili. Una grande quantità di risorse che da sempre attraggono il mondo ed i gruppi ribelli.
Il dolore e la sofferenza delle vittime nella Repubblica Democratica del Congo possono essere percepiti solo tramite le loro testimonianze: Marco Doneda, un logista di Medici Senza Frontiere, racconta l’assalto all’ospedale di Kakenge, un villaggio situato nelle regioni nord dove, il 9 aprile 2018, diverse tribù e gruppi di miliziani hanno ferito ed ucciso a colpi di machete le vittime. Marco la definisce una “violenza inconcepibile”, perché i pazienti di quell’ospedale sono rimasti traumatizzati dall’accaduto, non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Alcuni rifugiati intervistati riferiscono di essere fuggiti dall’ arruolamento forzato, dalle violenze dirette e da altri abusi da parte dei gruppi armati ribelli. Sono fuggiti dai loro villaggi, lasciando tutti i loro beni e, in casi estremi, abbandonando la propria famiglia.
Per prevenire le violenze, Medici Senza Frontiere ha organizzato dei corsi di formazione sulla violenza sessuale e di genere, con lo scopo di spiegare alle donne quali sono i loro diritti, come fronteggiare le situazioni a rischio e dove rivolgersi per denunciare le violenze.
Le armi
Questa grave situazione ha colpito anche due nostri connazionali: il 22 Febbraio 2021 è stata annunciata la morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere che lo ha accompagnato, nella provincia del Nord Kivu, da parte dei gruppi ribelli che hanno assaltato il convoglio. L’accaduto ci fa riflettere su come le violenze non riguardino solo la Repubblica Democratica del Congo, ma anche persone provenienti da altri Paesi, coinvolte in azioni umanitarie, politiche, diplomatiche.
Negli ultimi anni, armi leggere, munizioni, gas lacrimogeni, veicoli blindati, pezzi di artiglieria e di mortaio sono stati inviati alle forze armate di Kinshasa e regolarmente usate per compiere massacri di civili, terrorizzare, saccheggiare, rapire e stuprare. Tra i principali fornitori ci sono Cina, Egitto, Francia, Stati Uniti d’America, Sud Africa e Ucraina.
Queste spedizioni violano l’embargo sulle armi, imposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 2003. Inoltre, i traffici di armi sono stati autorizzati con la consapevolezza che probabilmente avrebbero contribuito a commettere crimini di guerra.
Assenza di monitoraggio, corruzione e mancanza di disciplina all’interno delle Forze armate della Repubblica Democratica del Congo, hanno fatto sì che le armi finissero fuori controllo e in altre mani.
Infatti, alti ufficiali delle Forze Armate, spesso, vendono le armi ai gruppi armati di opposizione, persino a quelli contro i quali stanno combattendo.
Questi ultimi, poi, hanno la possibilità di rifornirsi dai depositi lasciati nelle zone dalle quali i nemici si ritirano. Per esempio, nel maggio del 2012, le Forze Armate hanno affidato ad un colonnello un camion pieno di munizioni insieme a decine di migliaia di dollari per acquistarne altre. Il colonnello ha disertato, portando con sé il carico e il denaro, per formare un nuovo gruppo armato.
Il caso della Repubblica Democratica del Congo è l’ulteriore dimostrazione, secondo Amnesty International, che gli embarghi possono essere inefficaci.
Le armi vengono fornite dai Paesi alle milizie, costituite da mercenari di armi, il cui guadagno è enorme. E questo spiega anche le ragioni per cui tutti questi conflitti in un solo continente non facciano preoccupare minimamente la “comunità internazionale”, che osserva velatamente i massacri di centinaia di migliaia di civili.
La nostra opinione
L’evidente disinformazione sulle guerre africane mette in evidenza la disinformazione della popolazione internazionale. Se tutti fossero informati sulle questioni umanitarie come quella del Congo, probabilmente ci sarebbe maggiore sensibilità nell’opinione pubblica e aumenterebbero gli aiuti e le difese verso le vittime.
E’ sconfortante constatare che così tante persone subiscono violenze e che la gente non faccia nulla per evitare questa situazione, perché non la riguarda e non la tocca in prima persona.
Dobbiamo essere grati e fieri di organizzazioni internazionali come Medici Senza Frontiere, che si impegnano ad aiutare le vittime, rischiando, in alcuni casi, la propria vita.
Siamo indignati del fatto che gli altri Paesi osservino gli scontri “velatamente”. Migliaia di persone sono morte o sono rimaste ferite a causa di interessi economici e accordi plurilaterali tra Paesi.
In Italia la condizione esistenziale in cui versa la popolazione del Congo è venuta alla luce solo tramite la notizia della morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere che lo accompagnava, solo perché ci ha colpiti direttamente.
Quando la comunità internazionale farà qualcosa di concreto per tentare di fermare le continue violenze sulla popolazione civile?
di Cristiano Pisoni, Lorenzo Joshua Ricci, Martina Villa, Istituto Tecnico Tecnologico "G. Marconi" Rovereto, 1D
Fonti: Medici Senza Frontiere; la Repubblica; Atlante delle Guerre