DOVE SI TROVA LA LIBIA?
La Libia si trova nel nord Africa, tra l’Algeria e l’Egitto, confina a nord con il mar Mediterraneo e a sud con il Chad.
L’INIZIO DELLA GUERRA LIBICA
La guerra in Libia inizia nel 1969 con un golpe militare capeggiato dall’ufficiale Gheddafi. Il pensiero politico di Gheddafi è espresso nel suo libro, pubblicato nel 1975 e dal titolo “Libro verde”, una sorta di sintesi tra comunismo e liberalismo. Negli anni ’70 e ’80 Gheddafi viene accusato di finanziamento illecito a gruppi terroristici internazionali e gli Stati Uniti lo dichiarano “nemico numero uno”, tentando più volte di eliminarlo, ma senza risultati.
LA SCOMPARSA DI GHEDDAFI
Dopo l’ultimo tentativo, avvenuto nel 1986, nulla sembra turbare il regime di Gheddafi , fino all’ottobre 2011, quando i ribelli anti-Gheddafi arrivarono a Sirte, a nord della Libia, dove Gheddafi aveva vissuto nascosto. Lo catturano e lo uccidono.
Il Paese va nel caos, centinaia di milizie armate e rivali si formano in tutto il Paese. Non esiste un governo in grado di controllare il territorio. Il caos libico si trasforma sempre più in scontri di gruppi armati, alleanze continuamente fatte e disfatte. Nel 2014, dopo ripetuti tentativi fallimentari per dar luogo alle elezioni, anche con l’appoggio della comunità internazionale, avvengono nuovi scontri fra gruppi armati nella capitale della Libia,Tripoli e il governo finiscono sotto il controllo di milizie ribelli, compresi i gruppi dell’estremismo islamico.
COSA È SUCCESSO DOPO LA SCOMPARSA DI GHEDDAFI
Dopo la scomparsa di Gheddafi entra in scena Khalifa Haftar, tenente promosso dal consiglio libico nel 2011, sostenitore di Gheddafi, che diventa il principale avversario degli islamisti. Il suo obiettivo è liberare il Paese dagli islamisti.
Su iniziativa delle Nazioni Unite viene favorita la nascita di un governo di unità nazionale, che riesce con fatica e molto tempo ad estromettere il governo precedente. Nonostante le numerose conferenze per arrivare ad un accordo diplomatico di risoluzione della divisione in Libia, in cui i due leader hanno più e più volte dichiarato di voler collaborare, scontri e violenze sfociano ben presto in un vero e proprio conflitto armato tra le due parti. Nell’aprile del 2019 le truppe del generale Haftar iniziano ad avanzare verso ovest, portandosi a meno di cento chilometri da Tripoli, con l’obiettivo della conquista militare della capitale libica.
Lo scontro aperto fra le due fazioni è immediato: il GNA (Governo Accordo Nazionale) arresta l’avanzata nemica con bombardamenti aerei, mentre l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) richiede il “cessate il fuoco” (tregua) di entrambe le parti. Le carte in tavola cambiano solo con l’ingresso della Turchia nel conflitto , grazie ad un accordo militare e marittimo siglato a novembre del 2019, in cui sono riconosciuti alla Turchia diritti di sfruttamento esclusivo di aree petrolifere nel Mediterraneo, al largo di Cipro e Creta. Negli ultimi giorni dell’anno, il generale Haftar provoca un nuovo assalto alla capitale, dichiarato come la “battaglia finale” per il controllo di Tripoli, mentre il GNA si dichiara pronto a respingere l’ennesimo tentativo di conquista.
ALCUNE TESTIMONIANZE
I continui bombardamenti terrorizzano ogni giorno, soprattutto i cittadini della capitale Tripoli.
“Non mi sono mai sentita così vicina alla morte come in questo momento qui a Tripoli, ci sentiamo perduti”. Questo è quello che dice una ragazza intervistata da degli inviati di “Internazionale”.
ALTRE TESTIMONIANZE
Giovanna, un’inviata speciale di Save the Children, che accoglie gli immigrati in Sicilia, racconta ciò che ha visto con i suoi occhi: “Eravamo appena tornati da Lampedusa, dove avevamo partecipato alle iniziative promosse nell’ambito della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, per ricordare le centinaia di persone annegate il 3 ottobre. Il 7 ottobre un altro naufragio si è verificato a poche miglia da Lampedusa. A bordo dell’imbarcazione c’erano molte donne e minori. Siamo tornati sull’isola, perché i nostri operatori potessero incontrare e sostenere i minori sopravvissuti.Tra loro c’era una 16enne guineana, che ha lasciato il suo Paese all’insaputa della famiglia, ha raggiunto un connazionale in Libia, che le ha procurato un lavoro in un ristorante.Il ricordo di quei mesi è impresso sul suo volto terrorizzato: “. Quando ho lasciato la Guinea mi aspettavo di trovare una situazione totalmente diversa. Poi quel “fratello” ha deciso di farmi partire e ha pagato per me il viaggio”.
È partita di notte, il 5 ottobre 2019: “Non dimenticherò mai più quella notte, quel viaggio e quella paura”. Trema ancora al ricordo e mantiene lo sguardo basso, mentre continua a raccontare: “Su quella barca di legno traballante ci hanno stipati su tre livelli, uno addosso all’altro e le onde mi facevano venire la nausea, il freddo era insopportabile. Quando i trafficanti ci hanno fatto salire avevano detto che a bordo ci sarebbero stati acqua e cibo, ma non era vero e così quando siamo caduti in acqua nessuno aveva più forze. Quando la barca si è capovolta, io mi ci sono aggrappata con tutte le forze rimaste, un altro ragazzo si è aggrappato a me, poi mi sono sentita sollevare dalla giacca”.
TENTATIVI DI PACE
Ci sono stati vari tentativi di pace, dopo che il governatore sotto il comando di Haftar ha emesso una direttiva che vieta alle donne di viaggiare all’estero, se non accompagnate da un uomo della famiglia. Le donne libiche si sono incontrate per avviare un processo di formazione seminariale per una campagna promossa dalle Nazioni Unite, finalizzata a promuovere la cultura di pace, della riconciliazione e della convivenza pacifica in Libia. Il progetto, iniziato nel 2017 e concluso nello scorso agosto, si è strutturato in seminari settimanali, finalizzati a rafforzare il ruolo delle donne libiche nella transizione politica. Durante la formazione, guidata da operatori delle Nazioni Unite, i partecipanti hanno appreso gli strumenti di analisi dei conflitti e perché è importante includere le donne nel processo di pace, benessere e sicurezza globale.
PENSIERI FINALI
I morti in Libia aumentano ogni giorno e vengono coinvolti soprattutto le persone più deboli, cioè giovani e donne, che non vengono tutelate e non godono di alcun diritto.
Per questo, le donne libiche si sono incontrate per promuovere una campagna iniziata nel 2017, finalizzata a rafforzare e promuovere il ruolo della donna in Libia, soprattutto nella transizione politica.
In Libia sarà difficile al momento risanare quanto è accaduto a partire dal dittatore Gheddafi in poi, perché il governo post-Gheddafi ora non è in grado di imporsi sui gruppi che lo contrastano.
La soluzione potrebbe essere quella della democrazia, molto difficile da attuare, perché non c’è volontà e ogni qualvolta ci sono nuove elezioni, invece di parlare e comunicare, le forze antidemocratiche usano la forza e la violenza, credendo che sia l’unica soluzione.
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di Righi Simone, Pernat Sofia, Nikolas Rotundo, Midolo Michele, Classe ID Scuola I.T.T. Marconi Rovereto