Di sicuro le guerre in Europa sono ormai finite, ma sono ancora presenti nel resto del mondo e continuano a spezzare le vite di milioni di innocenti.
In Congo, e non solo, si aggiunge pure la fame e la malattia.
La Repubblica Democratica del Congo ha conquistato la sua indipendenza dal Belgio il 30 giugno 1960. Da quel momento è stata afflitta da una serie ininterrotta di guerre civili. La prima scoppiò all’indomani della proclamazione dell’indipendenza: due province, Katanga e Sud Kasai, dichiararono unilateralmente la propria sovranità, dando luogo ad un conflitto armato che finì nel 1962. Da allora fino ai giorni nostri il Congo non ha conosciuto lunghi periodi di pace.
I conflitti armati in questo momento si stanno concentrando nella zona del Kasai, una regione che confina a sud con l’Angola. Le due fazioni di questa guerra interna sono l’esercito ufficiale congolese e i diversi gruppi di ribelli che si contendono il controllo di vasti territori, resi appetibili dalla ricchezza del loro sottosuolo: diamanti, cobalto e coltan, utilizzato per la realizzazione dei chip dei telefoni cellulari
I continui conflitti interni sono permessi da un governo instabile e corrotto, il quale non distribuisce i prodotti delle colture locali, destinati al commercio e quindi esportati negli altri Paesi. Inoltre il vero problema civile è la mancanza di istituzioni credibili, autorevoli e trasparenti: proprio ciò è all’origine delle lotte tra le varie bande criminali. Le vere vittime della crisi sono i civili coinvolti, loro malgrado, dai diversi gruppi armati: i ribelli da una parte e le milizie dall’altra. Ne pagano le spese non solo la popolazione, colpita dalle razzie causate dalla guerra, ma anche le associazioni umanitarie e i missionari, soggetti a rapimenti, violenze o abusi.
In questo momento il Congo è ancora in una fase di crisi: alle continue guerre si è aggiunta una fase di carestia e una forte epidemia di morbillo, che ha provocato quasi 6 mila morti.
Baraccopoli
L’unico modo per riconquistare la pace è quello di ristabilire l’ordine politico su tutte le aree comprese nel conflitto.
Le opzioni sono due: continuare a combattere fino alla sconfitta totale dei ribelli oppure promuovere un confronto politico attraverso il quale giungere ad un trattato di pace.
Noi pensiamo che queste situazioni nel 2020 siano inaccettabili e che bisogni agire subito. Se c’è qualcosa che abbiamo imparato da questa ricerca è che viviamo in un’isola di pace circondata da un mare colmo di guerre e prevaricazioni, dove la giustizia è assente o corrotta e tutti gli innocenti affogano in quelle acque amare, senza riuscire a trovare aria per sopravvivere. Questi orrori si ripetono da anni, in un circolo vizioso, si tratta di un meccanismo di autodistruzione: i potenti, quei signori della guerra che hanno a disposizione milioni di euro, costringono la popolazione, costituita da esseri viventi indifesi, poveri e senza mezzi per opporsi, a fare ciò che viene ordinato, non permettendo né a loro né al Paese un minimo sviluppo economico; in aggiunta proprio i potenti si combattono tra loro, uccidendo civili solo per ottenere grandi latifondi, terre di nessuno, risultato di un governo instabile, corrotto e inaffidabile.
In un territorio martoriato dalla guerra ogni diritto è tolto, domina la legge del più forte. E l’Occidente sta al gioco, nascosto sotto una maschera di bontà: manda aiuti economici per ripristinare la pace ma, intanto, vende loro anche le armi, distrugge i loro ecosistemi, disseminandoli di rifiuti tossici, e li fa indebitare in maniera irreversibile, senza una qualsiasi via d’uscita, bloccando definitivamente il loro sviluppo.
Come è possibile che i Paesi più ricchi si preoccupino di affrontare i problemi più futili e per delle cause serie non muovano un dito? Facilmente potrebbero cambiare il mondo fondando associazioni e finanziando organizzazioni a tutela dell’umanità per rendere libero chi non lo è. Anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa. Anzi, speriamo di aver dato un contributo, scegliendo questo argomento per il nostro articolo, ma ci piacerebbe fare di più.
Le ONG, come Medici Senza Frontiere, si occupano di aiutare e salvare le persone meno fortunate di noi. Noi possiamo contribuire al loro operato e possiamo dare il nostro sostegno da lontano. Molto spesso ci capita di pensare come sarebbe stata la nostra vita se non fossimo nati qui, in Europa, in un periodo di pace, dove la guerra la viviamo da lontano, solo grazie ai Telegiornali e a Internet. Grazie a questo mondo globalizzato, ci sintonizziamo con persone che vivono dall’altra parte del mondo e ci rendiamo conto che la vita non è bella dappertutto. Se solo si provasse più empatia si potrebbero salvare milioni di persone e rendere felici tutti i bambini del mondo. La solidarietà è la chiave per salvare coloro che vivono nel costante pericolo e permettere loro di godere finalmente di una qualità di vita che da noi è considerata normale.
di Marco Balzarini, Giacomo Campana, Riccardo Poliseno, Ziead Zaghawa, IC Scialoia (Secondaria di Primo grado Buonarroti), Classe III C
Fonti da cui abbiamo preso spunto per scrivere l'articolo:
Repubblica Democratica del Congo - Medici Senza Frontiere Italia
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha subito decenni di crisi sovrapposte e gravi limitazioni nell'accesso al sistema sanitario. Il 2018 è stato caratterizzato da ulteriori focolai di violenza estrema e frequenti epidemie di vasta portata. Nel 2018 abbiamo gestito 54 progetti medici in 17 delle 26 province del Paese.
Congo, le vere ragioni della guerra dei finti "ribelli"
ROMA - La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è un altro dei tanti terreni di confronto armato, tra un esercito regolare e diversi gruppi di miliziani, più o meno sedicenti "ribelli", che agiscono in zone diverse del Paese. Il fronte più infuocato, al momento, è quello della regione centrale di Kasai, che confina a sud con l'Angola.
Commissione europea: nuovi aiuti alla Repubblica democratica Congo dove si aggrava la crisi umanitaria | AgenSIR
"L'insicurezza alimentare nella Repubblica democratica del Congo sta aggravando la crisi umanitaria. Aumentiamo il sostegno, anche nella parte orientale del Paese lacerata dai conflitti, colpita dall'epidemia di Ebola, e manteniamo la nostra solidarietà con i rifugiati burundesi nella regione".
Fonti delle immagini:
1. https://scuole.medicisenzafrontiere.it/wp-content/uploads/2019/03/Ebola-treatment-MSF.png
2. https://www.medicisenzafrontiere.it/wp-content/uploads/2019/04/MSF220319_Medium.jpg