Di tutti quelli che leggeranno questo articolo,
certamente solo una minima percentuale potrà
dirsi realmente informata di questi conflitti per
l’approvvigionamento di materie prime quali il Coltan che
hanno fatto un numero di morti paragonabili
a quelli della prima guerra mondiale.
Non tutti sanno che i nostri smartphone, tablet, pc e tutti i dispositivi elettronici, sono muniti di componenti costituiti principalmente da Coltan. Questo elemento leggermente radioattivo, è una miscela complessa di columbite e tantalite, due minerali della classe degli ossidi che si trovano molto raramente come termini puri.
Anche la Rai ha effettuato delle ricerche riguardanti questo problema: infatti i loro inviati si sono recati in Congo, per denunciare lo stato della situazione attuale.
Per l’estrazione di questa miscela complessa, il Congo è pieno di schiavi volontari: bambini analfabeti e orfani, costretti alla maledizione delle miniere. I dati sostengono che ci sono circa 11 milioni di morti legati al controllo di questo business. Tutto ciò, perché il Congo è un paese ricco di risorse, e povero di capitale umano.
“L’ OLOCAUSTO DEL CONGO” Così lo definisce John Mpaliza,
John Mpaliza
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un attivista della Repubblica democratica del Congo che recentemente ha marciato da Reggio Emilia fino a Bruxelles, per far conoscere questa situazione al mondo intero e cercare di cambiare le cose.
“E’ da venti anni che il popolo Congolese viene massacrato. Più di otto Milioni di vittime e migliaia di violenze sulle donne. Un vero e proprio Genocidio” queste sono le prime parole dell’appello lanciato dal peacewalkingman sul suo canale Youtube.
Da una decina d’anni si è messo in marcia, passa di città in città incontrando cittadini e studenti a cui spiega i nessi locali e internazionali della guerra nel suo paese da cui è fuggito nel 1991 dopo essere stato arrestato dall’allora regime del presidente Mobutu. Per una serie di vicende è arrivato in Italia, studiava in Algeria ma il giorno del rientro, il 30 giugno 1992, il presidente Mohammed Boudiaf venne ucciso e iniziarono una serie di violenze che lo indussero a restare qui. Dopo un po’ di lavori da «immigrato Africano» ha ripreso gli studi, si è laureato in ingegneria informatica e ha trovato lavoro presso il Comune di Reggio Emilia, ma nel 2014 ha deciso di licenziarsi per dedicarsi a tempo pieno alla pace nel Congo.
Grazie alla sua opera di informazione, sensibilizzazione e alla sua rivolta contro il silenzio sotto il quale si tace questa carneficina, l’”olocausto del Congo” è conosciuto da sempre più persone e inizia ad occuparsene , oltre a MSF, anche il servizio pubblico.
I minatori sono obbligati a lavorare tutto il giorno, tutti i giorni. Sono strettamente sottopagati (solo 50 dollari al mese) e lo sfruttamento minorile è molto diffuso. Un lavoratore congolese nelle miniere di Coltan racconta con queste parole la sua esperienza:
“Sono 10 anni che faccio questo lavoro, comincio alle 6 del mattino e finisco alle 6 di sera, non ho mai un giorno di riposo. Dobbiamo scavare per sopravvivere, per dare da mangiare alle nostre famiglie”.
“Dopo la giornata lavorativa”, continua lo “schiavo” congolese, “ogni osso del mio corpo mi fa male. Io sono stato fortunato perché posso a lavorare a cielo aperto senza dover andare nelle grotte. Dalle miniere in pochi tornano vivi”.
Alcune persone hanno visto bambini morire davanti ai loro occhi, altre sono rimaste bloccate nelle profondità della terra senza soccorso. Mentre i cosiddetti “Signori della guerra” (i padroni di queste miniera) si arricchiscono grazie ai loro immensi sforzi.
Come potete vedere, quanto riportato prima non è un’emergenza secondaria. I dati parlano chiaro e tutto ciò sta continuando ancora oggi sotto al nostro naso.
di Francesco D’alessio, Federico Arduini, Michele Boccia, IIS A. VOLTA di Sassuolo, classe 3g