L’ebola in Sierra Leone ebbe inizio nel 2014 e causò la morte di ben 3.955 persone. Il Paese venne dichiarato libero dal virus solo nel mese di novembre dell’anno 2015. L’ebola viene considerata eliminata da un Paese, quando passano 42 giorni dall’ultimo caso registrato.
La malattia è un virus a RNA che causa epidemie di febbre emorragica con elevata mortalità, ha un periodo di incubazione variabile tra i 2 e i 21 giorni e contro di essa non esiste una vera e propria cura.
Nell’anno 2008 alcuni ricercatori dell’Università del Wisconsin, diretti da Yoshihiro Kawaoka, hanno ideato un metodo per indebolire geneticamente il virus, inattivandone il gene Vp30 e bloccandone la moltiplicazione.
Si crede che l’elemento scatenante della grande malattia sia stata la cattiva alimentazione della popolazione, che “per arrangiarsi”, mangiava gli scimpanzé e gli antilopi, che a loro volta erano già stati contagiati dai pipistrelli.
Il Paese è stato messo per tre giorni in quarantena: si parla di strade isolate, negozi chiusi, persone sbarrate nelle proprie case in attesa dell’arrivo dei volontari di varie associazioni umanitarie o della polizia.
Lo scopo era quello di fermare per tre giorni i contagi e allo stesso tempo continuare a fornire informazioni alla popolazione.
Purtroppo. come dichiarato da Nicola Orsini, responsabile della Fondazione Avsi in Sierra Leone a cui da un mese viene altamente sconsigliato di recarsi nel paese con la sua famiglia, la situazione è peggiorata ancora e sempre per lo stesso motivo: la mancanza di educazione del popolo africano, che vede ancora l’ebola come una maledizione lanciata da qualcuno e non come un virus.
Inoltre, la quarantena, causando la chiusura di ogni bene, quotidiano, provoca diversi scontri e feriti causati dalle manifestazioni.

E’ in corso una grandissima ricerca per trovare una cura all’estenuante malattia. Il sangue dei volontari viene analizzato, messo in una congelatore a -90°, e poi successivamente viene constatato se può resistere al vaccino, che ovviamente viene precedentemente valutato per la sua efficienza.
Vi sono diversi testimoni sopravvissuti alla malattia fatale, che parlano dell’ebola in prima persona.
Uno di questi, è il primo cittadino italiano ad essere stato contagiato dall’ebola, in Sierra Leone.
Si chiama Fabrizio Pulvirenti, è un medico che lavora per Emergency. Parla della sua esperienza come la più brutta da vivere. Non si sa realmente come sia stato contagiato, racconta che i primi sintomi che ha avuto sono stati diarrea, vomito e successivamente anche la febbre. Ha passato circa 38 giorni in isolamento ma non ne ricorda solo 7, quelli della terapia intensiva, è stato reidratato per i liquidi persi copiosamente, ha presentato delle insufficienze respiratorie, epatite, surrenalite e molte altre.
Dice che le stesse cure che ricevette lui, vennero ugualmente adottate in Sierra Leone.
Ha raccontato inoltre dell’aiuto fornito da Medici Senza Frontiere, che ha mandato ripetutamente alert alla Comunità ScientificaInternazionale fin dal 201, e, quando si rese conto della gravità della situazione, entrò in gioco l’ONU.
Tuttavia il virus non si può debellare completamente, perché è considerato un virus silvestre (virus degli animali).
Ma comunque le associazioni sono riuscite a contenere l’epidemia.

AUTORI
Sofia Alicata
Aurora Ancona
Desirée Badalamenti
Sofia Pupella
Classe II B, Istituto Comprensivo Guglielmo Marconi, Palermo.

Fonti

  • http://www.famigliacristiana.it
  • http://www.treccani.it
  • http://www.tempi.it

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