Dal 2015 in Yemen si svolge il più grande intervento MSF in una zona di conflitto.

Lo Yemen è uno stato situato all’ estremità meridionale della penisola araba. E’ una delle zone più povere del mondo. Qui è in corso una guerra sanguinosa dal lontano marzo 2015; le parti in lotta sono la minoranza sciita houti e il governo (hadi) che rappresenta l’ala sunnita, quindi vicina all’Arabia Saudita. Una delle principali città colpite è Hodeidah: situata sulle coste del Mar Rosso, è un porto molto importante per le esportazioni di caffè, cotone, datteri e pelli. A partire da giugno 2018 i tre quarti delle merci commerciali e degli aiuti umanitari che entrano nello Yemen passano attraverso questo porto. L’ospedale e i team MSF che lavorano qui sono vicini alle zone maggiormente colpite dal conflitto. Numerosi attacchi aerei sferrati dalla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita sono stati giudicati dalle Nazioni Unite in violazione del diritto umanitario internazionale. Amnesty International parla di crimini di guerra innumerevoli. La maggior parte delle persone ferite sono donne e bambini. Molte strutture sanitarie di MSF hanno smesso di funzionare a causa di vari bombardamenti. 

Una guerra che coinvolge anche l’Italia


In questa guerra vengono utilizzate anche bombe prodotte in Italia. Questo accade nonostante sia presente una legge nazionale, la  legge  n.185/1990, che vieta l’esportazione di armi verso i paesi in conflitto armato come lo Yemen. “Inoltre ciò è in contrasto con le disposizioni vincolanti della posizione comune dell’Unione Europea che esercita regole comuni a tutti i paesi europei per il controllo delle esportazioni di attrezzature militari e contro le prescrizioni contenute nel trattato internazionale sul commercio delle armi”, dichiara Francesco Vignarca, rappresentante della rete italiana per il disarmo.

Per fare luce sulla questione l’“European Center for Constitutional and Human Rights” (ECCHR), la “Rete Italiana per il Disarmo” e l’organizzazione non governativa yemenita “Mwatana” hanno presentato una denuncia penale alla Procura della Repubblica italiana di Roma. Nella denuncia si chiede che venga avviata un’indagine sulla responsabilità penale dell’Autorità italiana che autorizza le esportazioni di armamenti (unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento-UAMA) e sugli amministratori della società produttrice di armi RWM Italia S.p.a. per le esportazioni di armamenti destinate agli stati membri della coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita coinvolti nel conflitto in Yemen. Fa molto scalpore il fatto che sia l’Italia una delle complici delle migliaia di morti che ogni giorno accadono in Yemen, attraverso la produzione di bombe e l’autorizzazione per esportarle su campi dove muoiono i civili. Nonostante tutto si sta cercando di prendere provvedimenti.

Non solo guerra

Oltre alle vittime innocenti causate dai bombardamenti e dalle armi, non mancano quelle provocate da malattie contagiose come il colera, malattia ormai debellata nei paesi sviluppati, il morbillo e la difterite. Le ultime due, facilmente prevenibili attraverso la somministrazione di un vaccino, qui causano numerose morti proprio per l’assenza degli stessi. Queste malattie compaiono soprattutto in mancanza di igiene e, nel caso del colera, il numero di morti ha già raggiunto il milione.

Vivere in Yemen è una vera battaglia per tutte le famiglie che non possono assicurare ai propri figli un pasto al giorno. In questo paese così povero già prima della guerra, la mancanza di cibo e di acqua è molto elevata. Tutte le persone che operano / prestano soccorso in questo territorio parlano di morti veramente devastanti.
Un’ altra causa frequente di decessi è infatti la malnutrizione: dovuta alla mancanza di cibo e acqua provoca un numero di morti che si aggira sui 30.000 bambini in un anno.

Una speranza arriva dalla tregua

Dopo una settimana di lavori, il 13 dicembre 2018 le delegazioni del governo, dei ribelli Houthi e della coalizione militare internazionale hanno cercato una via d’uscita politica alla guerra nello Yemen dove hanno già perso la vita 10.000 persone. La tregua è iniziata alla mezzanotte (ora locale) tra lunedì 17 e martedì 18 dicembre. La zona interessata è quella della regione  costiera di Hodeidah e  quella di Taiz, nel sud- ovest. L’incontro è già stato un vero passo avanti. In merito a questo conflitto è stato dichiarato che si tratta della peggior crisi internazionale a livello globale, con una popolazione ridotta allo stremo. Per questo motivo  sono stati anche attivati corridoi umanitari per portare sollievo e aiuto alla popolazione. La domanda che viene spontanea, vista la gravità della situazione, è perché la stampa internazionale dedichi poco spazio a questo argomento.

Un conflitto con motivazioni complicate

Le motivazioni che sono alla base di questo conflitto sono molteplici e complicate. Nel 1990, dopo una lunga divisione, lo Yemen del Nord e quello del Sud si unificano e la nuova capitale diventa San’aa. Nel 2012 , dopo varie rivolte ,cambia il presidente. Nel febbraio 2015 il gruppo armato degli Houthi , proveniente dal Nord del paese, conquista la capitale San’aa e costringe alle dimissioni il presidente Hadi. Quest’ultimo si rifugia a sud di Aden,  ribattezzata la “ seconda capitale” dello Yemen. Da quel momento inizia un vero e proprio periodo di instabilità politica e sociale. Il paese, di fatto, risulta di nuovo diviso in due: a Nord ci sono gli Sciiti con il governo di Saleh nella capitale San’aa mentre a Sud, nella città di Aden, si è insediato il presidente spodestato Hadi. Questo è l’unico presidente riconosciuto dall’Occidente e dalle Nazioni Unite. Nel Marzo 2015 l’Arabia Saudita si è messa a capo di una coalizione di paesi sunniti comprendente anche Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain e Qatar. Questa lega araba, formata da nove paesi e capeggiata da Rijad, inizia così un massiccio bombardamento in Yemen, nei territori controllati al Nord dai ribelli Houthi, che da allora resistono a questo assedio con il supporto soltanto dell’Iran.

L’aiuto di Medici Senza Frontiere

Gli operatori di MSF aiutano questi popoli rimanendo neutrali e imparziali. Nonostante i grandi rischi che affrontano, sono più di 40.000 le persone che lavorano in questa grande organizzazione umanitaria. Essa non comprende solo medici e infermieri ma molte persone che svolgono diverse professioni utili per aiutare tutti quei 72 stati in cui “ Medici Senza Frontiere” opera.

Pur trovandosi in una situazione di estrema difficoltà le famiglie yemenite non si perdono d’animo e cercano di andare avanti, anche grazie al supporto di MSF e degli aiuti umanitari che ricevono. Molti bambini non possono andare a scuola e restano in casa ad aiutare, mentre i padri cercano di lavorare per guadagnare qualche soldo.

Fonti utilizzate:

Foto: sito MSF

DI Ascheri Edoardo, Arapi Marcheljano, Arapi Sejdi, Franco Benedetta, IC Villanova Mondovì