I Rohingya: il popolo meno voluto al mondo

Non sempre ci rendiamo conto di tutto ciò che abbiamo e di quanto siamo fortunati ad averlo, quindi diamo per scontato che tutti si trovino nella nostra stessa situazione. Purtroppo, come abbiamo scoperto, molti non hanno tutte le possibilità che abbiamo noi, e spesso devono lottare duramente solo per poterle ottenere. Siamo nel Rakhine, in Birmania, al confine con il Bangladesh ed è il 25 agosto 2017. Ciò che sta accadendo qui, è stata definita una vera e propria “pulizia etnica”.

L’espressione pulizia etnica denota una varietà di azioni atte a rimuovere forzosamente (anche ricorrendo ad atti di violenza o di aggressione militare) da un territorio la popolazione di una minoranza etnico-culturale per salvaguardare l’identità e la purezza di un gruppo etnico.

Le notizie parlano chiaro: interi villaggi dati alle fiamme, famiglie uccise e massacrate, violenze su donne e bambini e soprusi ripetutisi con allarmante frequenza.  Per questo gli abitanti sono stati costretti a  scappare verso il Bangladesh, dove, circa il 75% della minoranza Rohingya in Birmania, solo da fine agosto, è arrivata senza nulla. Ora migliaia di questi esseri umani vivono vicino al confine, in una città di capanne, dove, secondo le stime di Medici Senza Frontiere, 20 mila persone non hanno accesso a elettricità e ad acqua corrente, e vivono in pessime ed inaccettabili condizioni alimentari e igieniche. Sono queste le cause principali della diffusione delle epidemie nei campi profughi che abbassano spaventosamente l’aspettativa di vita media.

NEANCHE IL PREMIO NOBEL HA IL POTERE PER FERMARE LE INGIUSTIZIE

Quando abbiamo letto queste notizie, ci siamo chieste cosa facesse il governo birmano a riguardo. Molte volte sembra non avere il potere per fare qualcosa ma spesso si tratta di indifferenza. Abbiamo scoperto che il consigliere dello stato birmano, nonché vincitrice di un premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, è stata recentemente  oggetto di critiche, per non aver preso una posizione forte e decisa in favore della minoranza Rohingya.

UN POPOLO PERSEGUITATO DA SEMPRE

I Rohingya sono da sempre stati descritti come “una delle minoranze più perseguitate al mondo”. A causa di una legge, per la quale non possono prendere la cittadinanza birmana, sono privati di alcuni diritti fondamentali.  Secondo le nostre ricerche tutto sembra essere iniziato quando, nel 1784, lo stato di Rakhine, dove i Rohingya vivono da secoli, fu conquistato e annesso al Myanmar, per poi diventare parte dell’impero britannico, e,  dopo l’indipendenza, parte della Birmania.  Già dal 1990/1992, si stima che circa un quarto di milione di  Rohingya abbiano abbandonato la Birmania, rifugiandosi nel vicino Bangladesh.

Aung San Suu Kyi  è attualmente Consigliere di Stato della Birmania, Ministro degli Affari Esteri e Ministro dell’Ufficio del Presidente.

LA RELIGIONE: UNO DEI MOTIVI DELLA PERSECUZIONE

I Rohingya sono musulmani, mentre in Birmania la religione ufficiale è il buddismo, ed è anche il confronto costante tra le due religioni l’origine del conflitto. Infatti la minoranza non è riconosciuta dallo stato birmano che li ritiene immigrati irregolari dal Bangladesh

E ADESSO?

La situazione dei Rohingya è peggiorata nell’ultimo anno. Il ministero birmano ha dichiarato che sarà avviato un programma di rientro dei profughi in Birmania e le notizie riferiscono di un accordo tra il governo birmano e il Bangladesh. {foto 5} Ci si chiede quali saranno i tempi e i modi del rimpatrio, che sembrerebbe essere già stato rimandato. Secondo quanto riportato dall’Ansa, nel 2018 ci saranno più di 48.000 bambini nelle tende sovraffollate dei profughi in Bangladesh, correndo il rischio di ammalarsi di difterite, di colera o di morbillo, di soffrire di malnutrizione e, in conseguenza di tutto ciò, morire a meno di 5 anni. {foto 8} I punti di distribuzione dei pasti non sono, inoltre, sufficienti, anche se molte associazioni umanitarie curano ogni giorno la distribuzione dei generi alimentari.

IL MONDO NON PUO’ RESTARE A GUARDARE

Tra le principali fonti consultate sull’argomento:

di Ines De Rossi e Beatrice Bevilacqua, Classe 3A, a.s. 17/18, Scuola Media Statale di via Vivaio Milano

Foto: Wikipedia