Tripoli, nuovo mercato di schiavi

Qualche giorno fa, navigando su internet, ho letto che la CNN il 14 novembre ha pubblicato un’inchiesta in cui si documenta l’esistenza in Libia di un mercato degli schiavi. Sono immagini registrate da telecamere nascoste e testimonianze di persone finite nei centri di detenzione dei migranti illegali  delle zone costiere del paese. Un video girato con un cellulare mostrava la vendita all’asta per 400 dollari di un «ragazzo forte e grosso adatto al lavoro in fattoria». Così una della CNN è andata in Libia ad indagare, ha assistito alla vendita di una decina di persone in un edificio fuori Tripoli, ha raccolto diverse testimonianze su aste che richiamano alla memoria i tempi e i modi della tratta degli schiavi africani in America

L’ASTA

“Qualcuno ha bisogno di qualcuno che scavi? Quest’uomo è grande e grosso e scava”, dichiara il nuovo ‘banditore’ illustrando le ‘qualità’ del migrante. I compratori alzano le mani come in una vera e propria asta facendo lievitare il prezzo dell’uomo. “500, 550, 600, 650…”, pochi minuti ed è tutto finito. Gli uomini vengono consegnati ai loro nuovi ‘padroni’.

TESTIMONIANZE

«Sono stato venduto all’asta come schiavo più volte, i trafficanti mi tengono in ostaggio sostenendo che devo ripagare il debito fatto con loro. Mia madre è andata a chiedere soldi in prestito nei villaggi, ma ha raccolto troppo poco». A parlare è Victory, un 21enne detenuto a Tripoli dove gli immigrati illegali vengono rinchiusi in attesa di espulsione perché  la Guardia Costiera libica, in base  agli accordi con l’Unione Europea e l’Italia,  non permette di  far loro proseguire il viaggio al di là del Mediterraneo.

“ Sono entrato in Libia quindici mesi fa e in questo tempo non ho mai avuto un giorno di libertà. Per tutta la mia permanenza sono stato venduto e comperato e trasferito di prigione in prigione. I primi sei mesi li ho passati in una prigione terribile: mi hanno torturato ogni giorno, mi picchiavano con dei bastoni o mi frustavano. Vivevamo nel terrore perché sembrava che i carcerieri ci facessero del male per proprio divertimento o per proprio piacere. Mi hanno venduto e trasferito in un’altra prigione. Dopo tre mesi di lavoro sono stato rivenduto, ero lo schiavo dei trafficanti. Non avevo soldi…..” Testimonianza di O.. 18 anni, Nigeria. (tratta da AdnKronos)

LE ROTTE DEGLI IMMIGRATI

La Libia è un luogo di passaggio e di transito per migliaia di profughi disperati che arrivano dall’Africa centrale – ma anche da Egitto e Siria, il paese in cui le organizzazioni criminali che trafficano le persone sono più radicate e  hanno qui il concentramento di uomini e mezzi. Tutto è complicato da una situazione di anarchia di fatto.

I migranti che sopravvivono al viaggio fino a Tripoli provengono da Eritrea, Somalia, Nigeria, Sudan, Ethiopia, ma anche da Tunisia, Egitto e dalla Siria, vengono concentrati in luoghi fatiscenti e privi delle  condizioni sanitarie (e umanitarie) di base.

Da Tripoli ci si imbarca – spesso si viene costretti a imbarcarsi (vedendo le condizioni dei barconi i migranti spesso non vorrebbero più salire) facendo rotta per Lampedusa  e da Lampedusa si spera di trovare un ponte per l’Europa (la Francia, la Germania, l’Olanda, l’Inghilterra, soprattutto. Ma anche Roma e Milano).

Immigrati e profughi provenienti dall’Egitto, dalla Tunisia, dalla Siria passano anche da Bengasi, porto di partenza diverso per una tratta  che punta all’Italia con le stesse mete: Francia, Germania, Olanda, l’Inghilterra.

Dall’ Algeria si tenta la via per Ceuta e da qui per lo Stretto di Gibiliterra, la Spagna (Madrid, Barcellona e poi la Francia), ma negli ultimi anni si è anche aperta una rotta che collega Algeria e Sardegna (e Tunisia e Sardegna), partendo dalla costa appena sopra Annaba.

……E LE ISTITUZIONI??

I documenti riguardanti lo schiavismo del terzo millennio sono state inviate alla Cnn  lo stesso giorno delle dure accuse dell’Onu riguardanti il piano dell’Unione Europea  sulla chiusura della rotta del Mediterraneo centrale,  con un terribile numero di morti, 15mila solo negli ultimi tre anni.

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite, Zeid Raad al Hussein, ha dichiarato «Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a episodi di schiavitù moderna, uccisioni, stupri e altre forme di violenza sessuale pur di gestire il fenomeno migratorio e pur di evitare che persone disperate e traumatizzate raggiungano le coste dell’Europa. Il patto stretto dal governo italiano per conto dell’Europa è un oltraggio alla coscienza dell’umanità… la politica Ue di assistere le autorità libiche nell’intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli nelle prigioni libiche è disumana… migliaia di uomini denutriti e traumatizzati, donne e bambini ammassati gli uni sugli altri, rinchiusi in capannoni senza i servizi basilari».

Lo scambiarsi delle responsabilità non avviene solo tra  l’Onu e Unione Europea, ma anche con il Governo italiano. A fine settembre, era stato il Consiglio d’Europa a chiedere chiarimenti al governo italiano  in merito all’accordo sulla chiusura della rotta mediterranea con Al Serraj, l’unico governo libico  riconosciuto dall’Italia. Il governo italiano si è limitato a ribadire la bontà degli accordi stipulati e la convinzione che per questa via si dovrebbe col tempo normalizzare la situazione: vantando anche che grazie a tutto ciò l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati ha potuto identificare le prime 1000 persone degne di protezione internazionale che tutti i paesi del mondo sono chiamati ad accogliere .

Ma gran parte della politica in verità ha taciuto o si è limitata a commenti inutili per timore che qualsiasi cambiamento delle intese con la Libia possa ingrossare di nuovo i flussi migratori dall’Africa, assai ridotti negli ultimi mesi dopo l’accordo con Al Serraj e grazie ai significativi aiuti economici e logistici elargiti alla Guardia Costiera libica.

A farsi sentire sono soprattutto le associazioni in difesa dei diritti umani e del volontariato. Troppo forte è diventata – anche grazie al terrorismo islamico – la paura di un flusso migratorio che in Italia non siamo capaci di gestire.

Io credo che il tema dell’immigrazione è ritenuto, un argomento difficile e pericoloso che si preferisce non affrontare.

di Anna Fontana, Classe 3A, a.s. 17/18, Scuola Media Statale di via Vivaio Milano

Foto: MSF; Wikipedia, IBS